Prevenire lo spreco

Terapia ecologica integrale che cura terra, territori e terrestri.

Entrata oramai nel linguaggio comune, l’espressione “prevenire è di gran lunga meglio che curare” è un regalo di saggezza pervenuto fino ai nostri giorni da Bernardino Ramazzini,  medico e accademico della metà del Seicento. Un pensiero visionario che riporta l’attenzione sull’identificazione dei pericoli della salute umana, collocandola e collegandola nella complessità dell’ambiente esterno, ambientale, sociale, culturale, economico.

Celebrare oggi  la nona Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare non è che una riprova dell’urgenza, ancora oggi, di attuare modelli di economia realmente circolari, forme di sviluppo realmente sostenibili, ma soprattutto di comprendere profondamente la complessità e le infinite relazioni che compongono la trama ecologica del nostro Pianeta.

Che lo spreco alimentare in realtà sia solo un risultato evidente di una disfunzione complessiva è appurato. Sprecare cibo non è solo un inutile spreco di risorse naturali, è uno spreco di nutrienti, di suolo, di emissioni climalteranti, di lavoro umano; è la riprova che il pensiero lineare che guida l’attuale sistema produttivo e di consumo sia fortemente inefficiente e nocivo. Per tutti.

Così, convinti di sapere ormai tutto sulle dinamiche della natura, occupati nello spacchettare la realtà in tanti settori di iper-specializzazione, stiamo scambiando pericolosamente il dettaglio (la parte) per il tutto.

Per questo prevenire diventa una formula vincente solo se abbinata ad una visione d’insieme, solo se la dimensione umana è perfettamente bilanciata nell’ecosistema e il paesaggio e se la dimensione economica segue il benessere collettivo.

Terra e pancia: un cordone diretto, il cibo.

Complice un’inarrestabile e progressivo impoverimento e degrado della TERRA, ci stiamo finalmente rendendo conto della centralità dello stato di salute dei nostri suoli e, con essi, delle diversità biologiche e microbiotiche che li compongono per promuovere la salute umana.

Molti studi oramai confermano che sono spesso quegli organi viventi più piccoli ed invisibili come intere popolazioni di batteri, funghi, microflora a regolare funzioni basilari: i cicli biologici e chimici del suolo, i livelli di ossigenazione, l’assorbimento di carbonio.

Una diversità che ci impedisce di poter parlare di UN suolo, ma di TANTI SUOLI, risultanti dagli intrecci di micro-relazioni tra entità viventi. Tali relazioni sono cruciali per consentire non solo sufficiente fertilità e nutrienti, ma soprattutto vitalità del suolo e ciò che dal suolo viene generato.

L’organismo umano segue le stesse logiche. Anche noi, esseri umani, spesso ingannati dietro un’idea di unità assoluta, siamo in realtà il prodotto di intrecci di relazioni più complesse: basti pensare che il nostro intestino ospita una quantità di microorganismi addirittura più elevato del cellule che compongono il nostro corpo nella sua interezza. Micro-organismi che bilanciano, regolano e digeriscono tutto ciò che proviene dall’esterno. Ormai è chiaro, anche a livello scientifico, quanto lo stato di salute del microbiota intestinale incida sul nostro sistema immunitario, così come la correlazione diretta tra microbiota e le malattie figlie del  “progresso” sregolato: diabete, obesità, malattie cardiovascolari, disturbi mentali.

Un cordone biunivoco, quello tra terra e terrestri, non solo perchè sorretto da simili funzionamenti, ma perchè attraverso il cibo, tutto ciò che è presente nel suolo arriva all’uomo e dall’uomo ritorna alla terra.

Un circolarità perfetta.

Cibi svuotati da ogni principio nutritivo rendono la malnutrizione una piaga mondiale; alimenti contaminati ed avvelenati che avvelenano i nostri corpi (basti pensare agli effetti di agenti chimici, pesticidi e metalli sulle ghiandole endocrine); cibi insapori che vengono dimenticati e cestinati con la noncuranza del monouso.

“Fa che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo”, scriveva Ippocrate. Per assicurarlo, però, “il cibo che ingeriamo deve essere “vivo” così come il suolo da cui è nato” come riporta il Prof. Franco Fassio dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.

Per questo, sempre più attenzione sta crescendo verso luso ed il consumo di cibi fermentati: yogurt, miso, kombucha, kefir, alimenti che attraverso un processo di macerazione, sono naturalmente ricchi di probiotici, oppure lo stesso pane a lievitazione naturale fatto con pasta madre.

Il cibo cioè non può che essere la risultanza della perfetta armonia di TERRA e TERRITORIO, con le peculiarità paesaggistiche, geomorfologiche, con le tradizioni delle comunità che lo abitano. Una distanza che, soprattutto in questo periodo, si sta facendo largo, tra ipotesi ed opposizioni, tra aperture e chiusure intorno all’etichetta nutrizionale come strumento per educare ed accelerare un uso più consapevole e responsabile del cibo.

Eppure, è sotto gli occhi di tutti la straordinaria unicità di una Dieta-Stile di vita, quella Mediterranea, riconosciuta anche quest’anno come migliore dieta del 2022, indiscussamente applaudita come un modello di nutrizione e sostenibilità ambientale. Un approccio che incarna il valore della cura della terra, della diversità, della comunità, della convivialità e che inevitabilmente restituisce all’uomo proprietà preventive e curative, tra le altre, per le malattie cardiovascolari, atrofia cerebrale e depressione.

Questo è un modello di rigenerazione ecologica integrale che va oltre la semplice prevenzione di spreco alimentare e che a Pollica, una delle sette Comunità Emblematiche della Dieta Mediterranea, trova il suo epicentro naturale.  “La Dieta Mediterranea per combattere lo spreco alimentare”, evento organizzato dal Museo Vivente della Dieta Mediterranea di Pioppi con la sua pluralità di voci e testimonianze, sottolinea uno dei tanti aspetti che unisce il benessere dell’ecosistema alla salute umana e alla cura della comunità.

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Per il presente, prima ancora che per il futuro, oggi l’Agricoltura non può che mirare verso modelli sostenibili abbracciando l’approccio agro-ecologico e rigenerativo, un’agricoltura che in primis si prenda cura della biodiversità e che valorizzi i legami e le sinergie tra diversi componenti, umani e naturali.

L’Alimentazione non può che essere supportata da una Piramide che affondi le sue radici nel suolo, vivo, ricco, bio-diverso, una premessa cruciale per assicurare sostenibilità ambientale e salute umana.

L’Ambiente non può che vibrare dell’incontro armonico del paesaggio con la sua comunità, della maestranza, dell’esperienza, della tradizione in costante adattamento e divenire.

Tutto questo è al centro della visione di Pollica 2050, che prende vita nel Paideia Campus. Un laboratorio dove sperimentare modelli di sviluppo sostenibile, un ecosistema aperto in cui tornare a tessere insieme le trame capaci di connettere Terra, Territorio e Terrestri.