Women in Leadership al EY Entrepreneur Of The Year 2016

EY Entrepreneur Of The Year® 2016, Monte Carlo.

Definito “the Olympics of Entrepreneurship”, Il più importante premio per il mondo dell’impresa con ben 145 città coinvolte in otre 60 paesi, si sta svolgendo proprio in questi giorni a Monte Carlo e ad aprire le danze sono state le donne, con un’intera giornata sul tema Women in Leadership. Un vero onore parlare in questo contesto.

Abbiamo discusso del futuro del business, di innovazione e di come le donne portano positiva “disruption” all’interno delle organizzazioni con un unico hashtag ricorrente #WomenFastForward, anche toccando argomenti, per qualcuno ancora spinosi, come le quote di genere.

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Nina dos Santos (Europe Editor, CNN Money) brillante giornalista che ha moderato il nostro panel ha voluto accendere i riflettori partendo proprio da questa tematica ed il sentiment generale ha fatto emergere una certa perplessità per un sistema che all’apparenza sembra una forzatura anti-meritocratica. Poi però mi sono dovuta ricredere: alla fine del convegno ho avuto modo di parlare con Louisa Mojela del CEO di Wiphold dal Sud Africa che mi ha spiegato che da tanti anni il oro paese come Argentina, Spagna e molti altri ha la legge per le pari opportunità e mi ha raccontato degli effetti positivi che essa sta producendo. Anche l’Italia grazie all’operato di associazioni come la Fondazione Bellisario, ha fatto le sue battaglie. La legge Golfo-Mosca del 2011, che impone alle società quotate in borsa di avere cda composti per il 20% da donne (addirittura si sale al 33% a partire dal secondo rinnovo!), ci sta infatti elevando a esempio virtuoso del Vecchio Continente. Paola Profeta, che insegna finanza in Bocconi, e J. Ignacio Condez-Ruiz, dell’Università Complutense di Madrid, hanno confrontato la legge Golfo-Mosca con la Ley de Igualdad, che dal 2007 “si raccomanda” con le grandi aziende spagnole di eleggere più donne nei propri consigli d’amministrazione, senza però calcare la mano. In Italia si è passati dal 6 al 23% di presenze femminili nei cda in 4 anni, la Spagna ce ne ha messi 8 per raggiungere quota 15. Il progetto Women mean business and economic growth, promosso dalla Presidenza del Consiglio in partnership con l’Università Bocconi, ha poi verificato che le aziende che hanno rinnovato il proprio cda con la Golfo-Mosca hanno migliorato nettamente la propria governance globale, scegliendo anche tra gli uomini i più giovani e istruiti: sembra che l’obbligo di scegliere donne da inserire nel cda abbia incentivato la scelta delle più qualificate (la percentuale di donne con legami di parentela nello stesso cda è scesa dal 16,2 al 7,9%), criterio che si è poi riflettuto anche nella scelta dei consiglieri uomini. Altro che forzatura anti-meritocratica, con le quote di genere sembrano averci guadagnato tutti.

Tanti sono stati gli incontri di grande ispirazione a partire da Anne Ravanona di Global Invest Her, piattaforma specializzata nel funding di imprese guidate da donne, che ha parlato dell’influenza positiva che tratti del carattere tipicamente femminile hanno sulle decisioni strategiche nella governace aziendale ma anche degli aspetti più critici. Pare infatti che, statisticamente, le ragazze tendano a sottovalutarsi più degli uomini, il che le porta a fare dei business plan estremamente realistici per non disattendere le aspettative: chiedono prezzi bassi per progetti che, in mano a uomini, raccoglierebbero molti più fondi, alimentando il circolo vizioso che induce a sottostimare il valore economico dell’apporto femminile all’impresa. C’era pure Catriona Campbell Founding Director di EY Seren, una delle prime donne nominate nella UK Digital Hall of Fame e definita nel 2002 dall’Internet Magazine una delle donne più influenti sulla scena digitale mondiale. Condividendo la propria storia fatta di passione, creatività, genio ed equilibrio tra famiglia e lavoro ha sottolineato come spesso accanto ad una grande donna ci sia un grande uomo (e viceversa) e invitato la platea “ad abbracciare tutte le esperienze che la vita ci regala”. C’era Marjella Alma, CEO di eRevalue, che ci ha ricordato che il successo arriva quando si riesce ad attrarre gente, ma sopratutto che la gente la si attrae con le buone idee. Infine, forse, una delle citazioni che rimarrà marcata tra i ricordi di questa giornata appartiene a Margaret Heffernan, imprenditrice seriale e Ted Speaker, che durante il suo keynote ha detto “Be curious, irrationally generous, and quietly listen for what’s not being said” implicitamente solleticando la nostra natura di ascoltatrici che spesso ci ha rese allieve della vita più ricettive degli uomini.

Nel viaggio di ritorno, alla fine dell’evento, ripensavo a tutte le incredibili storie che ho ascoltato e a tutte le incredibili donne che ho conosciuto, e mi è venuto in mente un libro che da bambina mi ha un po’ tormentato: Piccole donne, un classico che ormai neanche più a scuola danno da leggere, ma che ha tanto da insegnare a questo mondo che cresce e si espande. L’autrice, neanche a farlo apposta, è la statunitense May Alcott, nome di battesimo Louisa, proprio come Louisa Mojela che mi ha regalato un nuovo punto di vista sulle quote di genere. Le piccole donne del romanzo sono quattro sorelle alle prese con un’epoca bigotta come lo era l’ottocento, un secolo di conformismo e repulsioni, ma anche fatto di piccole grandi battaglie che nel tempo hanno dato i loro frutti: penso alle primissime suffragette e, più tardi, a tutto il movimento femminista che pur tra mille inciampi ha consegnato un mondo in cui essere donna e pensare in grande è non solo possibile, ma anche bellissimo. In fondo credo che il titolo del libro di May Alcott fosse volutamente provocatorio: noi donne siamo “piccole” finché lasciamo che il mondo ci reputi tale, ma dateci un progetto e vedrete che impatto sarò generato! Questo non lo dico io ma Christine Lagarde, direttrice del Fondo Monetario Internazionale: il suo studio Unlocking female employment potential in Europe ha rivelato che per ogni nuova donna che entra nella stanza dei bottoni di un’impresa la redditività sale di circa lo 0,2%, che in tempi di tassi di crescita da prefisso telefonico non è poco.

E’ vero che donne e uomini sono diversi e devono rimanere tali, ma diversità e diseguaglianza sono questioni ben distinte, perché la prima è un valore, la seconda una piaga sociale. E sottolineo “sociale” perché ci riguarda tutti: le diseguaglianze di genere sono una delle nuove grandi issues di quest’epoca di politica sgangherata, ed è ora di affrontarle, una per una.  Questo è ciò che immagino per il futuro: donne e uomini, comunità, individui, famiglie unite nella diversità contro la diseguaglianza. Per il merito umano, contro il privilegio del sesso forte. Le condizioni ci sono, i pianeti e le stelle si stanno allineando su Venere: tutto sembra voler dire a questo mondo da sempre maschio-centrico che il vento sta cambiando direzione e, come disse qualcuno che nel bene e nel male di leadership e tailleur ne capiva, “una lady non fa marcia indietro”. Oggi meno che mai.