Storie di vita altrui e di foodtech.
In questi giorni così convulsi, mentre il rientro dalle vacanze di massa, sembra la sola cornice unidimensionale all’attuale propaganda; a Pollica (SA), si è conclusa la terza edizione dell’esperienza di apprendimento di FAO e Future Food Institute, focalizzata sulla Rigenerazione Ecologica Integrale e sul Vivere Mediterraneo.
Ancora una volta, un’opportunità per riflettere sulla cornice multidimensionale di un Paese molto più sfaccettato di quello che vorrebbero farci credere.
Un Paese che sa ribaltare i paradigmi dello sviluppo, sa riconoscere il patrimonio immateriale che l’intera Umanità gli riconosce, sa far rivivere i Parchi Archeologici di Velia e Paestum, rianimandoli con le voci dei nostri padri, che si mescolano a quelle dei nostri figli.
Parmenide, ad esempio, vissuto nel 500 avanti Cristo, parlava “dell’opera distruttrice” perpetrata dalla “pura e tersa lampada del sole”. Di sicuro, nel 500 a.C. quell’opera distruttrice non doveva fare i conti con un’atmosfera nella quale l’umanità immette 500 mila volte l’intensità della bomba atomica ogni 24 ore. Come accade nel 2022.
Oggi sappiamo che l’opera distruttrice è l’umanità stessa. Abbiamo la magnificenza creativa delle soluzioni tecnologiche e la potenza straordinariamente suicida dell’unico animale che distrugge il proprio habitat, invece di proteggerlo.
Dunque, al centro dell’infinito mistero della natura, feroce e materna; del passato e del futuro; delle pietre che abbiamo percorso a Velia e Paestum e delle stelle che abbiamo guardato dal Paideia Campus, nel Castello dei Principi Capano, a Pollica, ci sei “tu”.
E’ questo il messaggio che abbiamo lasciato in dote ai Climate Shapers.
Lo abbiamo insegnato, tra esperienze in campo, confronti accesi con scienziati veterani ed esperti, dibattendo di food security, salute e longevità, transizione energetica e tutela risorse e tanto altro ancora, ai 1.000 Climate Shapers che abbiamo formato negli ultimi 3 anni e ai 15 di quest’ultima classe a Pollica: dai 14 ai 40 anni e provenienti da 10 Paesi diversi, cioè Zambia, Grecia, Germania, Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Ungheria, Kazakhstan e Italia, con 6 Regioni (Lazio; Toscana; Piemonte; Puglia; Campania e Lombardia).
Don Andrea Ciucci, Segretario Generale della Pontificia Accademia per la Vita, dal Teatro antico del Parco Archeologico di Velia, ha dato il via al nostro viaggio di formazione.
Le sue parole sono state potenti e hanno colto nel segno il senso del nostro lavoro: “E poi ci sei tu. Tu e la tua vita…la tua storia, le tue parole, le tue scelte, la tua libertà, le tue doti e i tuoi limiti, il tuo passato e il tuo futuro, i tuoi sogni e le tue delusioni. La vita che è tua e solo tua. Questa vita, la tua vita non ti appartiene. Non tu hai plasmato il tuo corpo e in altri grembi sei stato tessuto. Altri hanno scelto il tuo nome. Non tu hai deciso di venire al mondo e tu non potrai decidere di non morire… La vita ci precede e ci attraversa. Ci accoglie e ci supera. La prima parola della bibbia ebraica: bereshit, al principio. Inizia per B. Non per A. C’è qualcosa che precede il nostro principio. Ci sfugge e si palesa. Ci costituisce secondi!”
Bisogna imparare a guardare dentro questo infinito specchio, se si vuole diventare davvero Climate Shapers, e più in generale, agenti di cambiamento.
Bisogna smettere di pontificare. Di insegnare solo nozioni. Di insegnarle parlando unilateralmente, usando metodi che non tengono conto di chi siamo diventati. Tutti, alunni e insegnanti. E non parlo solo della pandemia.
Le cornici unidimensionali, la banalità del bene, la ipersemplificazione contrastano il miracolo di un nuovo modo di formare comunità prospere.
Un modo che consiste nel creare un contesto di apprendimento, dove prevale l’ascolto attivo; dove si interagisce per contaminarsi; dove lasciar parlare la storia di futuro, il Design Thinking di Prosperity Thinking, lo “Human Centered Design” di “Planet – or Life – Centered Design”.
Del resto, gli umani sono il Pianeta. E la chiave per cominciare un reale processo rigenerativo di cambiamento è nello specchio.
Bisogna, per questo, studiare, conoscere, scoprire, esplorare, stringere le mani di categorie antitetiche di umanità, tutte dentro lo stesso presente.
È così, passo dopo passo, che si può capire che “la tua vita non ti appartiene”. Che siamo altro. Che possiamo lasciare l’ego delle propagande pretestuose e abbracciare l’eco di una Humana Communitas coesa nella diversità.
Così, i nostri 15 Climate Shapers hanno fatto un viaggio dalle pietre alle stelle, passando dentro se stessi.
Hanno terminato questo intenso cammino, scrivendo i propri progetti per il Mediterraneo, e lavorando su:
- connessione tra agricoltura rigenerativa e sviluppo sostenibile;
- Cities 2030 e Pollica 2050, per comprendere come incoraggiare lo sviluppo territoriale attraverso l’imprenditorialità sostenibile, l’innovazione e gli investimenti nel Cilento preservando le sue preziose risorse naturali;
- Dieta Mediterranea, per capire come rafforzare la rete delle sei comunità UNESCO per comunicare i benefici della Dieta Mediterranea e dello stile di vita.
I loro risultati sono stati sorprendenti e perfettamente immersi nella realtà iperlocale di Pollica e del Cilento. Hanno così dimostrato di aver capito di essere altro, di poter essere l’altro.
Io mi occupo di food da 15 anni e di foodtech da prima che questa parola esistesse. Anche io ho un’esperienza specifica che cammina sulle pietre dei Parchi di Velia e Paestum. Quella di chi sente venture capitalist, startup, scienziati da dall’Europa, all’Asia, dal Middle East, all’America e sente continuamente che ciascuno di loro ha la verità in tasca sul futuro del cibo.
Io, invece, non lo so dove andrà il futuro del cibo. So, però, dove dovrebbe andare: verso modelli ecologici integrali, capaci di mettere al centro la creazione di prosperità e di bellezza, verso una profonda sostenibilità, verso una mentalità rigenerativa, sistemica e circolare. Verso territori che esprimono identità, biodiversità ed un benessere olistico ed equamente distribuito.
Si dovrà trovare il coraggio di investire in pratiche con margini sicuramente inferiori rispetto a quelli che leggiamo nei business plan delle startup del food tech o modelli con capacità di scalabilità e replicabilità forse più modeste; ma che nel lungo termine saranno riconosciute come necessarie per raggiungere il vero ben-essere.
E’ esattamente per questo che abbiamo creato Future Food. L’umanità che stiamo formando è l’unica base di cambiamento possibile. Un passo alla volta, con il tempo che il cibo, quello “sano, giusto e pulito” richiede, dal campo alla tavola, seguendo il loro ritmo e non il mio o quello della pura finanza.
Parafrasando Marquez, preferisco adottare un approccio che racconti solo dopo aver profondamente vissuto e cambiato sul serio l’unico elemento nell’equazione food, tech, climate che non funziona.
Un approccio che sia l’intersezione tra la sfera sociale, emotiva, psicologica, culturale, storica, antropologica e quella che sia puramente tecnologica. Purché in questa sorta di tiro alla fune tra la dimensione umana e quella naturale del futuro da una parte ed una dimensione futuristica, tecnologia, di precisione, dall’altra, si spinga tutti per risolvere davvero le grandi sfide che ci attendono.
La strada che ho scelto parte dal soggetto dell’innovazione e non dall’oggetto, che resta un mero strumento.
Se vorrete percorrerla con me, siete sempre benvenuti.