Nel panorama italiano e a maggior ragione in vista delle elezioni che sono alle porte, parlare di politica inevitabilmente inasprisce, allontana, divide. Stanco di una politica di facciata, di una politica di egoismo ed individualismo, il popolo italiano rivela, nei fatti così come nei dati, quanta sfiducia riservi per questo tipo di politica, una politica che si dimentica di mantenersi in ascolto e al servizio di quella collettività che dovrebbe rappresentare. Così, mentre il gruppo degli astenuti è l’unico che sta guadagnando sempre più aderenti in questa complessa e difficile campagna elettorale, il perseguimento del Bene Comune rischia di essere una delle tante vittime di questo progressivo impoverimento della democrazia italiana.
Con esso anche il settore agro-alimentare italiano che, con il suo immenso valore economico, umano, paesaggistico, con le sue tante piccole e piccolissime imprese che trainano l’intera penisola, rischia di rimanere schiacciato tra rincari, mancanza di materie prime e manodopera, scarsità di acqua e temperature sempre più bollenti.
Considerato l’intreccio attuale delle tante sfide cui la politica deve provare a dare risposta, è impensabile continuare a pensare che possa esistere solo UNA politica.
La politica che miri davvero alla rigenerazione ecologica integrale ha bisogno dei territori e delle sue aree interne, elementi emblematici dell’identità italiana; ha bisogno di ristabilire rapporti diretti con i suoi cittadini e con le tante comunità rurali, cittadine, collinari e costiere; ha bisogno dell’Unione Europea per assicurare che le politiche regionali siano tradotte anche a livello nazionale e locale nel rispetto dei valori e capisaldi italiani.
Non una politica, ma un mix di politiche, economiche, fiscali, ambientali, agro-alimentari, culturali, che siano capaci di soddisfare l’interesse comune partendo da obiettivi multidimensionali. Questo richiede nuovi strumenti di analisi, nuove strategie, nuovi criteri di valutazione per misurare l’impatto ma soprattutto una nuova mentalità capace di tradurre quel pensiero eco-sistemico che negli ultimi decenni abbiamo totalmente dimenticato.
La Summer School “Policy mix for ecological transition in rural areas” parte del Master in Agricultural Economics and Policy che abbiamo ospitato quest’estate nel nostro Paideia Campus di Pollica è nata esattamente per colmare questa lacuna: far tornare il settore primario un attore resiliente e multifunzionale necessario per soddisfare i bisogni e le esigenze della società nel suo complesso (e pertanto non solo di agricoltori e consumatori) grazie al ripristino di politiche integrate, orizzontali, multidisciplinari ed intersezionali.
Un programma formativo reso possibile proprio dall’incontro e collaborazione di diversi attori che si posizionano a vari livelli nel panorama attuale: il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (MIPAAF), il Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, la Regione Campania (Assessorato Agricoltura), Sviluppo Campania e l’Associazione Scientifica “Centro di Portici” che ha portato, nella patria della Dieta Mediterranea, professori, ricercatori, rappresentanze politiche, locali e non. Alcuni degli esperti che hanno guidato dottorandi, giovani ricercatori e funzionari della Pubblica Amministrazione in questo programma formativo sono stati Gianluca Brunori, professore dell’Università di Pisa e membro dello Standing Committee for Agricultural Research (SCAR), Teresa Del Giudice, Direttrice della Summer School e Presidente dell’Associazione Scientifica Centro di Portici, Pasquale Di Rubbo, Analista politico presso la Commissione Europea, Adele Picone, Coordinatrice del Master di II Livello di Architettura e Progetto per le Aree Interne e per i Piccoli Paesi, DIARC dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, Sonia Massari, Direttrice della nostra Future Food Academy, Stefano Pisani, Sindaco di Pollica e Giuseppe Cilento, Sindaco di San Mauro Cilento.
Un meraviglioso mix di esperienze e competenze che hanno permesso ai partecipanti di comprendere l’importanza di politiche integrali ed integrate nella comunità locale per perseguire una transizione ecologica, una transizione che poggia inevitabilmente sulla transizione culturale e digitale. Ma anche per comprendere le nuove competenze richieste in agricoltura, studiare le sfide delle aree rurali partendo da quanto contenuto nel Piano di Ripresa e Resilienza, dalla Strategia Europea Farm to Fork, dalla Politica Agricola Comune Europa e dal Next Generation EU e visitare sul campo casi reali di rigenerazione agricola come Cooperativa Nuovo Cilento o La Petrosa di Edmondo Soffritti.
Queste sono le basi necessarie per costruire ecosistemi di innovazione, in cui i protagonisti della filiera agro-alimentare (agricoltori, pescatori, rivenditori, trasformatori, industrie alimentari, erogatori di servizi) siano perfettamente riuniti con i consumatori, i ricercatori, i consulenti, la finanza, l’impresa, le università, i primi cittadini, le rappresentanze politiche; ponti che le politiche devono saper incentivare e che luoghi come le aree interne italiane hanno dimostrato di saper accogliere.
Nè è una chiara riprova il luogo che ha ospitato questa Summer School, Pollica, borgo medioevale, un comune che conta poco più di 2.500 anime, ora laboratorio reale e vivente di rigenerazione ecologica integrale. E’ qui infatti che da poco più di un anno si sta prototipando un nuovo modello di sviluppo, capace di generare soluzioni integrate e contestualizzate, partendo proprio dall’esigenza di co-creazione, di approccio multi-metodo, di collaborazione tra le parti, di co-responsabilità. Aspetti che ci hanno permesso di entrare a far parte, proprio con il nostro Paideia Campus, all’interno del consorzio europeo formato da 41 partner, 20 diversi paesi, 9 città, 67 attori e 15 Living Lab: Cities 2030. Un progetto, che proprio in questi mesi, ci sta vedendo particolarmente attivi nel delineare le basi di politiche lungimiranti e capaci di sostenere sistemi agro-alimentari rigenerativi, resilienti, inclusivi e circolari. Un progetto che ci consente di arricchire il nostro ecosistema di preziosissimi scambi di buone pratiche, di visioni, ma anche di problematiche comuni, perchè per costruire ecosistemi transdisciplinari di rigenerazione serve un impegno collettivo, ma serve anche sviluppare politiche che siano capaci di ridare voce e potere alle città, primi veri portavoci di una trasformazione agro-alimentare che parta dal basso.
Non c’è momento migliore, soprattutto considerato questo delicato momento di campagna elettorale, per ricordare quanto bisogno ci sia di un Piano di Sviluppo Rurale e di una programmazione locale, regionale e nazionale commisurati alle esigenze reali dei territori e dei suoi abitanti. Territori che come il Cilento, le sue aree interne e costiere, ancora soffrono lo spopolamento, l’abbandono, il dissesto idrogeologico, la dimenticanza di un patrimonio paesaggistico, naturalistico, culturale, umano, fatto di saperi e sapori, unico nel suo genere.
La politica oggi ha bisogno di ripartire dai valori comuni e condivisi per poter riguadagnarsi la fiducia perduta. E’ bene che parta allora ponendo al centro il Bacino del Mediterraneo, scrigno di umanità e rigenerazione ecologica integrale, oltre che luogo in cui passato e futuro, tradizione e innovazione, si sono da sempre incontrati e arricchiti. Da millenni.