La pandemia ha aperto gli occhi, allargato i cuori e restaurato alcuni ritmi, dando valore al tempo. Il tempo della scoperta, della riscoperta, e della meraviglia nel quale si insinuano nuovi stili di vita e nuove forme di turismo che sempre di più devono rispettare cicli precisi, persone, comunità, biodiversità. Ed è proprio affrontando il tema del turismo, che l’Italia ha dato il via ai summit ministeriali del G20.
Il momento di incontro tra i leader politici delle grandi potenze mondiali, come di consueto però ha anche offerto un’importante occasione di confronto tra diverse voci e prospettive, da quelle governative a primi cittadini di piccoli borghi, associazioni di categoria, promotori culturali, operatori del settore, e studiosi ed anche noi del Future Food Institute, insieme a PA Social e Binario F di Facebook abbiamo preso parte al grande dialogo.
Quando parliamo di turismo, parliamo di uno dei settori più colpiti dalla pandemia, uno degli asset più strategici per il nostro Paese, che sta subendo un vero e proprio cambio di paradigma come emerge dal discorso di Mario Draghi che ha evidenziato “il ruolo essenziale che il turismo svolgerà nella ripresa” ed ha anche sottolineato la “necessità di renderlo più inclusivo, sostenibile, che protegga l’ambiente e coinvolga le comunità locali”. Il mondo e l’economia, dopo la pandemia saranno diverse e come dice il Premier non abbiamo dubbi “che il turismo si riprenderà e sarà più forte di prima, anche migliore”.
L’Italia ora è pronta ad accogliere i turisti in sicurezza, ma sembra anche pronta ad affrontare la transizione, non solo quella ecologica, ma soprattutto quella culturale, oggi necessaria.
Una potenzialità, quella del nostro Paese, che ancora deve essere pienamente valorizzata, all’estero ma anche tra i suoi stessi connazionali. Con 55 Siti UNESCO, un’infinità musei, gallerie d’arte, festival, la sua profonda e radicata cultura enogastronomica, turismo e cultura sono due facce di una stessa medaglia, quella identitaria italiana, che si intreccia alla cura del paesaggio, del micro-paesaggio, delle sue genti.
“Dobbiamo fare molto, ma quello che dobbiamo fare dobbiamo farlo a rete, come ‘sistema Paese’, tutti insieme. Chi amministra non si deve dividere tra ministero e ministero, ma lavorare insieme per dare idea di Paese che lega turismo, infrastruttura, cultura, memorie, digitalizzazione. Più si discute, più si capisce che si possono fare cose virtuose insieme per il nostro territorio, sia città che borghi e insediamenti rurali, unendo il pubblico ed il privato” ha riferito il Sottosegretario alla Cultura Lucia Borgonzoni.
Un turismo quindi non più e non solo mosso dalle grandi attrazioni, ma che sappia far conoscere e valorizzare luoghi che fino ad oggi sono rimasti in secondo piano, le stesse “nostre montagne, nostre città, nostre campagne che stanno riaprendo” come ha dichiarato il Premier Mario Draghi nel suo discorso, i piccoli borghi e gli insediamenti rurali che contengono uno scrigno di valore ancora inesplorato.
Per farlo, il modello di turismo responsabile e sostenibile, volto ad esplorare le zone di prossimità è la chiave necessaria per far fiorire bellezze ancora dormienti. Luoghi che devono essere vissuti oltre che conosciuti.
Ne è una forma di espressione il turismo lento, un turismo che rispetta, non stravolge, che ascolta soprattutto le prospettive ed interessi delle comunità ospitanti, che apprende direttamente dalle narrazioni e dai vissuti, che avvicina direttamente ai produttori agricoli ma che allo stesso tempo “rende accessibile patrimonio artistico e artigianale, permettendo di riscoprire il sapere” come ha sottolineato Stefano Pisani, sindaco di Pollica e coordinatore della rete italiana di città del buon vivere, Città Slow.
Se inclusione, coesione e senso di comunità sono punti cardine per far rinascere il turismo in Italia, proprio partendo dai tanti piccoli centri urbani o rurali dimenticati, ugualmente lo è anche la tecnologia, possibile, anche se non unico, amplificatore dell’elemento culturale, facilitatore per la vita nei piccoli borghi, strumento per garantire accesso al nostro patrimonio artistico e naturale anche a chi, fisicamente, ne sarebbe escluso.
Nessuno vorrebbe vedere l’Italia svilita in una moltitudine di borghi e aree bellissime, ma non conosciute, non vivibili, abbandonate.
Investire nella cultura allora significa saper vedere questa bellezza, potenziandola anche attraverso progetti che alimentino trasversalmente il turismo, la rigenerazione ambientale e territoriale, che sappiano attrarre ed incuriosire partendo dalle nostre eccellenze pur senza rinunciare ad un’apertura all’innovazione, centro motore per potenziare resilienza e adattamento.
Un impegno in cui credo fermamente e che mi riporta a Pollica, in Campania, nel cuore del Cilento, culla di un patrimonio culturale, storico, oltre che alimentare, riconosciuto a livello globale: la Dieta Mediterranea. Un mondo, uno stile di vita, che abbiamo ereditato, dimenticato nel tempo, accecati dalla fretta ed impazienza della performance, ma che sta tornando a fare sentire la propria voce in uno dei momenti più difficili della storia contemporanea: il momento in cui le persone hanno perso di vista la qualità dei propri stili di vita. Proprio là infatti apriremo presto il nostro prossimo Living Lab, cercando di rendere vivo lo stile di vita rurale, superando le complessità che sono tipiche dei piccoli villaggi e delle zone interne, pur valorizzando l’incredibile eredità storica, filosofica, scientifica legata a quella zona.
E’ il momento di “allargare l’esperienza” come dice Andrea Bariselli, coordinatore scientifico del progetto Thalea, riscoprendo la magia insita in ciò che ha da offrire il nostro territorio, dedicandogli il giusto tempo. Un tempo che, in controtendenza all’urgenza globale di raggiungere gli obiettivi dettati dell’Agenda 2030, deve essere un tempo lungo, lento.
E come ci ha ricordato il Poeta Franco Arminio, dovremmo partire proprio dai giovani, dalla scuola. Abbiamo bisogno che l’arte, la musica, la poesia, la filosofia rientrino nelle menti e nei cuori dei ragazzi, nelle aule o avvicinandoli ai molteplici musei a cielo aperto che il nostro territorio ha da offrire. Solo così potremo fornire loro le lenti giuste per vedere, comprendere ed avere cura di ciò che il nostro territorio ci offre. Significa andare dritti al “perchè” impariamo, “perchè” educhiamo, con insegnamenti mossi da valori comuni, non informazioni, collegando passioni e stimolando consapevolezza e pensiero critico, centrali per arrivare ad un approccio sistemico.
Questo è in fin dei conti l’unica strada necessaria per preservare e valorizzare il bene collettivo, dell’individuo, della comunità, del territorio, dell’ambiente, dell’economia. Un concetto stressato a gran voce dallo stesso Presidente del Consiglio, citando le parole di Alcide De Gasperi nel 1943:
“Vero è che il funzionamento della democrazia economica esige disinteresse, come quello della democrazia politica suppone la virtù del carattere.
L’opera di rinnovamento fallirà, se in tutte le categorie, in tutti i centri non sorgeranno degli uomini – oggi diremmo delle persone – disinteressati pronti a faticare e a sacrificarsi per il bene comune.”