"PAESAGGIO MEDITERRANEO" Pablo Picasso

2023: anno delle macerie, come atto supremo di creazione

Gennaio 2023. La sensazione dei diari nuovi su cui scrivere una storia migliore, mentre tutti siamo intenti a capire dove siamo e dove stiamo andando. E’ l’inizio di un anno che si pone a metà strada tra un insieme di crisi profonde iper connesse tra di loro, ed un futuro estremamente complesso, fatto anche di sovrastrutture che stanno crollando sotto la tempesta perfetta delle tante crisi che stiamo attraversando. Parlo naturalmente di crisi sanitaria, ambientale, climatica, culturale, economica, finanziaria, sociale, umanitaria, istituzionale.

Pablo Picasso diceva:

Ogni atto di creazione è, prima di tutto, un atto di distruzione.

E’ da qui che voglio partire oggi.
Riconoscendo le macerie che ci circondano.

Macerie spirituali, perché la distruzione non custodisce il seme della speranza. La creazione, la pace, invece, si. 

Macerie materiali, perché stiamo attraversando una crisi energetica senza precedenti ed una inflazione che crea un effetto domino devastante sulle attività imprenditoriali e sui livelli occupazionali. A questo, bisogna aggiungere che siamo a corto di tutte le risorse naturali. L’acqua, il suolo, tutte le risorse che generano vita stanno terminando o sono così povere ed inquinate che si stanno trasformando in agenti di morte e non di vita, al punto che tacere per non apparire catastrofisti è diventato demenziale. 

Macerie umanitarie, perché quando la distruzione dei diritti delle donne viene sbandierata come baluardo di potere dittatoriale, nel silenzio della democrazia, l’umanità intera subisce un danno potentissimo. E quando ai giovani vengono consegnate briciole di futuro o come ha detto il Presidente Mattarella nel discorso di fine anno “quel che resta del presente”, l’intera umanità subisce un danno potentissimo. 

Macerie sociali, di una Humana Communitas disgregata, costretta all’isolamento, alla solitudine e che ha cominciato a rifugiarsi ossessivamente nei luoghi virtuali delle interazioni digitali. Dovremmo restare indifferenti ai trend su TikTok dove i giovanissimi si riprendono mentre piangono per dei lavori logoranti? Dovremmo non notare che l’unica interpretazione delle successive generazioni è quella di accusarli di fragilità? Magari di una fragilità indotta dalle condizioni in cui quelle generazioni li hanno lasciati? La bolla digitale ha talmente pervaso maniacalmente ogni centimetro della loro e della nostra quotidianità, che le dirette che fanno, nell’indifferenza complice della società, riguardano persino i momenti in cui provano a studiare. A studiare con un pubblico che li guarda e interagisce con loro, nell’illusione che questo li faccia sentire meno soli. 

Le macerie che abbiamo intorno e lo scenario desolante nel quale siamo immersi, non siano nascosti sotto il tappeto di un ulteriore storytelling stucchevole che ci piace contrapporre alla realtà per apparire meno disperati e soli. 

Credo che questo 2023 debba essere l’anno della realtà.
Quelle sovrastrutture con cui abbiamo costruito e iper raccontato il nostro tempo, sono crollate.
Oggi, servono esercizi di autenticità, di esperienze e narrazioni vere. Dobbiamo spogliarci della tentazione di somigliare a quei leader illuminati e influencers capaci di vestire di parole straordinarie e immagini emozionanti, una realtà fatta di macerie.
La salute mentale ha colpito più di un miliardo di persone, questo dovrebbe farci riflettere. E ci avviciniamo ad una tale velocità al breakdown climatico, saltando a piè pari quella manciata di anni che ci separano da ulteriori effetti irreversibili e addirittura sconosciuti alla scienza, secondo l’IPCC, che ci possiamo già considerare dentro un conto alla rovescia drammatico, da cui sta diventando impossibile proseguire la farsa dell’ignoranza.
Pertanto non ha più senso perpetuare la narrazione motivazionale.

Raccomando un 2023 fatto di specchi.
Specchi per guardarci in faccia, non per dirci parole potenzianti, ma per dire che va bene avere delle fragilità, va bene sentirsi stanchi e va bene persino mollare e ripartire dall’essenziale.

Il mio invito è alla sottrazione. 
Trovo che questo sia il primo indispensabile passo verso una vera consapevolezza. Per far cadere le maschere e smettere di usare strumenti vecchi per interpretare la nuova realtà, ed usare l’io che eravamo, per entrare in questo futuro.
Solo allora, potremo rigenerarci, rigenerare e dare inizio al vero atto autentico della creazione. Senza quella consapevolezza, invece, saremo tentati di copiare, di replicare, di dare continuità.

Che il 2023 sia l’anno della discontinuità consapevole
La creazione che parte da radici e valori profondi, ma senza perpetuare cattive abitudini.
Le pagine di questo nuovo anno necessitano una storia diversa e non la stessa storia, raccontata in modi diversi. Se sei contromano in autostrada, la soluzione non è rallentare. La soluzione è cambiare direzione.

Da dove cominciare, dunque?

Dal ribaltare i paradigmi dei modelli che ci hanno portato a sederci tra le macerie, avendo percorso autostrade contromano.
Partiamo dalle foreste. Piantiamo quei piccoli semi, da cui possano crescere grandi alberi. In questo processo che anche simbolicamente è fatto di futuro, di amore nei gesti per costruire oggi un’ombra alla quale probabilmente non assisteremo domani. Ma il futuro si. Le nuove generazioni si.
Parlo di foreste di alberi e di conoscenza, elemento straordinariamente potente per piantare i cittadini del futuro, prima di parlare di città del futuro.

Zygmunt Bauman diceva:

Se pensi all’anno prossimo semina il granturco.
Se pensi ai prossimi 10 anni pianta un albero.
Se pensi ai prossimi 100 anni istruisci le persone. 

Il 2023 dev’essere l’anno del pensiero prospettico. 
Il breve periodo sia solo strumento per realizzare obiettivi di lungo periodo.
Be real, e non mi riferisco solo al social network, ma ad un vero invito all’autenticità. Che sia l’anno in cui strumenti di distrazione di massa (il modo con cui ci siamo condannati a usare i social), che hanno intossicato le tante vite, alimentando la grande condanna ossessiva per la solitudine, possano davvero diventare strumento generativo di relazione, stimolare la creatività e generare valore.

Da dove comincia il Future Food Institute? Qual è la testimonianza che il mio di cammino di imprenditrice può portare? 
Tolte anche le mie di sovrastrutture, ho ritrovato la riflessione con la quale 10 anni fa, lanciavo il mio ecosistema internazionale. Ricomincio da tre.

Ricomincio dal riconnettermi con l’essenziale:

Nella società post industriale e globalizzata in cui viviamo, la rivoluzione digitale che sta prendendo il controllo delle nostre vite, ci impone di ri-imparare a comprendere il valore del alimentazione e di riconnettersi con il cibo, con chi lo produce, lo distribuisce, lo trasforma e lo condivide.

Il cibo è vita, nutrimento, è veicolo di valori, cultura,  ed identità, il cibo è socialità. Mangiare è un atto essenziale per la vita dell’uomo, ma richiede coscienza e consapevolezza. La grande sfida della nostra era è riuscire a preservare il pianeta, nutrendo l’uomo in modo sano e avendo cura per ecosistema che lo accoglie. L’umanità potrà adattarsi ai grandi cambiamenti che stiamo vivendo solo rimettendo l’uomo al centro.

Studiando il cibo, sia dal punto di vista della fruizione sia dal punto di vista culturale, abbiamo cominciato a mappare i luoghi in cui questa rivoluzione sta avvenendo e ci sta attaccando e studiarene le dinamiche sia per coglierne le opportunità sia per aiutare i nostri partner a coglierle e creare nuove nicchie di fruizione e di consumo che usino il potenziale della tecnologia e le nuove conoscenze generate dai dati.

Per fare questo abbiamo dato vita a Future Food: un ecosistema composto da un’anima filantropica che vuole creare nuovi modelli e cultura, alimentando progetti di ricerca, promuovendo programmi formativi, diffondendo conoscenza, ed un’anima imprenditoriale che sulla base delle conoscenze acquisite alimenta progetti innovativi capaci di generare impatti tangibili sulla salute dell’uomo e del pianeta.

La filiera agroalimentare riflette perfettamente la logica delle macerie, dei paradossi e dei disequilibri, che la pandemia ha reso ancora più visibili ed acuti, serve un atto creativo di costruzione. 

Nei 10 anni in cui mi sono dedicata alla ricerca, all’innovazione a caccia delle tecnologie più avveniristiche in giro per il mondo, attraversando anche la pandemia, continuando a coprogettare con le comunità, i living lab, le alleanze internazionali pubbliche e private, le sperimentazione sul campo, la scienza e la tecnologie, torno alla base, riscoprendo i valori guida che non mi hanno mai abbandonato, per partire da un territorio educante.

Il 2023 sia quindi una catarsi davvero trasformativa anche per i sistemi agroalimentari che finora abbiamo riempito di sovrastrutture, sovrasfruttamento di risorse, ingiustizie ambientali e sociali e iniquità nell’accesso a un cibo sano e salubre. Elementi crollati e che troviamo tra le macerie dalle quali oggi si deve scatenare la nostra forza creativa non per ricostruire, ma per costruire restando ben saldi al “perché”.
Ecco la ragione per cui ho ripreso anch’io le parole di 10 anni fa. Per tornare al fine ultimo delle cose, sottraendo il resto e consapevole che il superfluo è già caduto, perché non ha retto alla tempesta perfetta delle crisi che stiamo attraversando.

Nell’anno della discontinuità investiremo sulla vera Paideia, sulla formazione umana integrale per tutti, noi, la comunità, i leader, gli educatori, gli innovatori, le nuove generazioni; con ancora più convinzione nell’apprendimento esperienziale, che sporchi le loro scarpe di terra, che faccia sentire loro il vento in faccia, che riempia i loro occhi di lacrime di fronte ai tramonti dell Mediterraneo, che li faccia innamorare, lavorare insieme nelle aule di un Castello pieno di storia e futuro, che li faccia camminare tra le strade solcate dai grandi filosofi di 2500 anni fa, per scoprire che i padri fondatori della scuola Eleatica di Velia parlavano già a loro, parlavano già di loro. 

Questo è l’atto di creazione in cui si impegna il Future Food Institute.
Il digitale, potente strumento, torna ad essere nostro alleato aiutandoci a creare, programmare, montare, misurare, costruire, comunicare, far interagire cose e persone, ma dentro un Campus che permette di concepire il “vivere mediterraneo” come elemento propedeutico alla creazione e alla vera innovazione.
Abbiate cura di rigenerarvi, di azzerare le sovrastrutture, di togliere le maschere e di dotarvi degli strumenti sani ed equilibrati per creare il futuro, possibilmente insieme.  Solo così avremo il coraggio anche di cambiare gli indicatori con cui misuriamo un benessere che si è svuotato ed uno sviluppo sostenibile che sta diventando più uno slogan che un modello. La creazione di modelli di ecologia integrale e benessere olistico per l’umanità, gli animali ed il Pianeta, passa dal trauma di prendere atto delle macerie che abbiamo intorno e dal sentire finalmente un moto di speranza legato alla consapevolezza che ora sì, è tempo di creare. 

Convento di Costantinopoli - Pollica(SA) - ph. Mario Zammarrelli 2022

Convento di Costantinopoli – Pollica(SA) – ph. Mario Zammarrelli 2022