Acqua e rigenerazione ecologica integrale: il caso Italia

In questi giorni, parlare di acqua porta con sè le immagini di un paese duramente colpito da improvvise e violente bombe d’acqua. Il Mezzogiorno, che fino a qualche settimana era testimone diretto di una pericolosa ed inesorabile tropicalizzazione, ora si trova a dover gestire allagamenti e profondi disagi. Acqua che scende dirompente anche al Nord del Paese, arrivando a lenire parte del vuoto lasciato nei fiumi e laghi italiani. Ma non a riempirli.

Perchè siccità e desertificazione non sono più solo un fenomeno estivo, come confermato dai livelli attuali del Po, il fiume più lungo d’Italia, che proprio nel mese di dicembre rimane sotto la media d’acqua degli ultimi 20 anni, mentre le montagne italiane mostrano il loro lato più vulnerabile proprio nel 2022, “l’anno nero per i ghiaccia alpini italiani” come rivela il recente report di Legambiente.

La verità è che l’acqua, nel mondo così come nella nostra Italia, riflette su di sé i profondi cambiamenti, le logiche ed i paradossi di una società che sembra essersi dimenticata che cosa voglia dire sfidare la memoria ed il potere dell’acqua. 

Acqua è vita, eppure più del 30% delle famiglie italiane non ha accesso all’acqua in modo regolare durante l’anno. Anche in questi mesi, come dimostrano le storie della gente di Andora in Liguria proprio nei giorni scorsi o a Udine, a causa di rotture di tubature.

Acqua è nutrimento, eppure sono state ritrovate 299 sostanze inquinanti nei laghi, fiumi e acque sotterranee italiane. L’acqua è cibo, ma intere regioni come Puglia, Sicilia e Sardegna sono già definite come zone aride dall’Atlante Mondiale di Desertificazione. 

Acqua è responsabilità collettiva, eppure l’Italia si è guadagnata il primo triste primato europeo per consumo idrico pro capite, con 220 litri d’acqua al giorno contro i 165 litri d’acqua giornalieri europei. Ma per quasi la metà degli italiani, i nostri sono comportamenti virtuosi.

Questi sono solo alcuni dati che dimostrano l’importanza e l’urgenza di riportare al centro il tempo dell’acqua: l’acqua che c’era e che può tornare se custodita, l’acqua che cura e non avvelena, l’acqua che unisce cittadini alla politica, uomo alla natura, non che divide. 

Per farlo, è necessario andare oltre quelle semplificazioni che porterebbero ad accusare uno o l’altro settore, evitando di spacchettare pericolosamente l’ecosistema in tante piccole bolle isolate, per abbracciare una visione ecosistemica, complessiva ed interdisciplinare.

Questo inevitabilmente implica il bisogno di interrogarsi, proprio in questi mesi di abbondanza idrica, dove va tutta quest’acqua e come fare per poterla valorizzare, anche accumulare, per poter far fronte a mesi di scarsità. Connettere di più e meglio i diversi stakeholder e creare gli ambienti abilitanti per far dialogare le diverse prospettive è ciò che accomuna Future Food Institute e EIT Food nella loro comune missione di trasformare l’acqua da problema che unisce la dimensione individuale, sociale, economico, ambientale in strumento di rigenerazione ecologica integrale

Le storie, i successi e i casi studio di cui è ricco il nostro Paese e che verranno condivisi di seguito, non sono che la prova tangibile che tale percorso sia realmente possibile.

Sicurezza idrica: una questione anche POLITICA

Le azioni politiche che oggi sono maggiormente necessarie sono quelle volte a implementare il benessere comune, anteponendo individualismi all’interesse collettivo. Assicurare che ogni cittadino abbia accesso a sufficiente acqua potabile di buona qualità per la sopravvivenza umana, lo sviluppo socio-economico, come richiederebbe la definizione stessa di sicurezza idrica, diventa una questione sicuramente politica ogni volta che ci si ricorda che il Bacino del Mediterraneo si sta riscaldando il 20% più velocemente della media globale. E’ una questione politica anche guardando i dati Istat 2022 che ricordano che nel 2020, 11 comuni italiani sono stati vittime di razionamento nella distribuzione dell’acqua potabile, una quantità in aumento rispetto all’anno precedente. Eppure, non mancano storie di coraggio e co-creazione, che proprio dalla politica italiana, nazionale e locale, dimostrano che l’acqua può essere motore cruciale per un’azione politica inclusiva.

Ne è testimonianza il Milan Urban Food Policy Pact, lanciato dal Comune di Milano nel 2015: un patto che parte dal basso, dalle città e dai sindaci per rendere accessibile acqua potabile a partire dalle strutture pubbliche. Come pure l’impegno di CIIP – Servizio Idrico Integrato, operatore pubblico del servizio idrico nelle Marche, una regione fortemente colpita da fenomeni sismici, che sta collaborando con università, centri di ricerca e start up per ridurre perdite idriche nella distribuzione dell’acqua potabile, riutilizzare acqua in modo sostenibile e sicuro, anche attraverso un’accurata valutazione e mitigazione degli impatti ambientali degli straripamenti delle fognature. Solo se la politica sarà aperta ad ascoltare, accogliere, imparare, scambiare conoscenza con altri esperti, sarà possibile porre le basi per una governance idrica integrata ed integrale, missione a cui sta lavorando il Body of Knowledge sulla carenza idrica, iniziativa portata avanti da EIT, volta a riunire professionisti e diffondendo soluzioni, come quelle presentate nel Libro bianco sulla scarsità d’acqua.  

Scarsità idrica nel cambiamento del paesaggio italiano: la dimensione AMBIENTALE dell’acqua

Quasi il 30% del territorio italiano è colpito da desertificazione. Da nord a sud, il paesaggio italiano degli ultimi anni è testimone dell’impronta della siccità più estrema: interi tratti di fiumi completamente asciugati, come il Po’ quest’anno; laghi svuotati come il Lago di Garda, zone montuose come le Alpi costrette a lanciare l’allarme siccità a giugno. Ancora troppe volte ci si dimentica che la desertificazione altro non è che una delle più gravi forme di deterioramento e degrado di suolo, che non necessariamente si traduce in evidente desertizzazione, ma nella più invisibile fragilità dell’intero ecosistema a livello idrologico, morfologico, vegetale e animale. Non stupisce allora che quasi il 20% del territorio nazionale sia a rischio molto elevato di dissesto idrogeologico e frane, ma che quasi la totalità dei comuni italiani (94%) sia in pericolo. 

A partire dall’agricoltura, principale settore idrovoro in Italia, si stanno diffondendo storie di resilienza, per difendere e ripristinare quello che un tempo era conosciuto in tutto il mondo come “giardino d’Europa” proprio per la sua incredibile ricchezza, varietà e unicità di biodiversità terrestre. Grazie al prezioso contributo che intelligenza artificiale e sensori di rilevamento possono svolgere nella lotta contro la scarsità idrica e l’imprevedibilità climatica ma anche grazie a programmi e contests come InnoWise Scale, parte del programma EIT Food per sostenere gli imprenditori nel loro processo di scaleup, mettendoli in contatto con gli utenti finali per testare e scalare le loro soluzioni, start-up come Soonapse stanno emergendo sul mercato italiano, dimostrando che è possibile pianificare colture a seconda di previsione meteorologiche e dell’impronta idrica di ciascun terreno, massimizzando le rese colturali e minimizzando rischi e costi. Forme di agricoltura di precisione, come quelle sviluppate di X-Farm mediante l’utilizzo di droni per ridurre l’impronta idrica e ridurre i trattamenti fitosanitari, sono la riprova che la tecnologia può essere al servizio dell’uomo (agricoltore) e ambiente. 

Tanti sono anche i progetti che stanno emergendo sul territorio, come Restore che testimonia il potere della valorizzazione delle risorse idriche minori a partire dall’uso idrico multifunzionale e Acqua nelle Nostre Mani, con risparmi idrici fino a 100 milioni di litri d’acqua in un anno, per rendere il risparmio idrico in diretto supporto alle eccellenze enogastronomiche italiane.

(In)consapevolezza nel consumo idrico: quando l’acqua diventa strumento di rigenerazione SOCIALE

A livello globale, dal 1960 al 2014 il consumo idrico a livello domestico è aumentato del 600%. A questo dato dobbiamo aggiungere un primato negativo tutto italiano: lo Stivale non è solo tra i principali utilizzatori idrici a livello domestico in Europa, non solo primo paese in Europa (e secondo al mondo) per consumo di acqua in bottiglia, ma anche tra i meno consapevoli sui suoi reali consumi. Dati riportano infatti che solo il 12% degli italiani sia realmente preoccupato sulla tematica idrica, ma le ragioni di tale scarsa preoccupazione deriva da un’errata percezione dell’impatto idrico delle famiglie italiane, sottostimato di ben cinque volte rispetto ai consumi reali. 

Una reale responsabilizzazione può originare solo attraverso una capillare educazione e sensibilizzazione del tessuto sociale,  a partire dai bambini, passando per giovani ed adulti. Il nostro paese già offre tanti esempi in questa direzione: attraverso i tanti modelli formativi esperienziali basati sul pensiero ecosistemico e su un apprendimento challenge-based; attraverso progetti come hackathon nella scuola, volti a coinvolgere studenti e docenti delle scuole italiane nella ideazione e prototipazione di soluzioni legate ad un minor utilizzo idrico; al diffondersi sul territorio di reti di collaborazione, come Rareche nel Cilento (SA), che riunisce 25 aziende e agricoltori che praticano l’Agricoltura Organica e Rigenerativa, con l’obiettivo di diffondere i principi dell’agricoltura sostenibile, ri-avvicinare gli attori della filiera al contesto produttivo, e ri-educare produttori e consumatori alla stagionalità, gestione sostenibile e rigenerazione delle risorse naturali. 

Queste sono storie di cambiamento, di empowerment cittadino realizzato a partire dal potere di una formazione umana integrale.

Sicurezza idrica e benessere: il lato UMANO dell’acqua

Se noi siamo ciò che mangiamo e ciò che mangiamo necessita di acqua va da sé che indirettamente noi siamo anche ciò che beviamo. Eppure, quando si parla di salubrità idrica, ovvero del diritto di avere accesso ad acqua sicura, priva di microrganismi, sostanze chimiche e di accettabile colore, odore e sapore, il nostro paese potrebbe fare di meglio. La presenza di sostanze velenose e altamente inquinanti come pesticidi, insetticidi, fertilizzanti non ha solo raggiunto gran parte dei fiumi e laghi italiani, ma anche falde acquifere e fognature, costringendo città come Roma a vietare l’utilizzo di acqua domestica ad uso personale a causa della presenza di arsenico. 

Ma l’Italia è capace di ospitare storie di rinascita anche in questo settore: sistemi altamente innovativi come la tecnologia NAL (New Artificial Leaf) sviluppata da Green Indipendence, porta il nostro Paese in prima linea nella depurazione delle acque reflue, destinata per produrre acqua potabile utilizzando solo l’energia prodotta da pannelli solari. Nuovi sistemi, come Easy Drop, sviluppato dalla start-up italiana Saba Technology, consentono di recuperare l’acqua potabile dall’umidità dell’aria, ponendo le basi per un accesso universale a questa risorsa così preziosa. Nuovi laboratori stanno anche coinvolgendo il potere rigenerante e curativo dell’acqua sulla mente e sulla psiche. Il Mediterranean Mind Lab implementato a Pollica, come spin-off della startup Strobilo, nasce come attività di ricerca per studiare, attraverso l’uso delle neuroscienze, il nostro legame con la natura e massimizzare i vantaggi che un’esposizione diretta a determinati ambienti, come quelli naturali e idrici, possono generare sulla salute fisica, mentale e longevità. 

Impronta idrica del cibo: il volto CULTURALE dell’acqua

Ogni cibo ha una sua specifica impronta idrica, vale a dire la quantità di acqua richiesta per produrlo e permettere ai consumatori di consumarlo. 

L’impronta idrica di un pomodoro (214 litri d’acqua/kg di prodotto) non è la stessa richiesta per produrre la stessa quantità di carne rossa (15.415 litri d’acqua/kg) o di cioccolato (17.196 litri d’acqua per kg). Va da sè che dietro al cibo, cardine della cultura ed identità italiana e alle quasi 200 scelte alimentari che compiamo ogni giorno, ci sia anche un grande impatto idrico. 

In questo senso il nostro Paese accoglie senza alcun dubbio alcuni degli esempi più longevi di sostenibilità e rigenerazione al servizio dell’eredità culturale, coma le Dieta-Stile di Vita Mediterraneo. Questo modello, riconosciuto dal 2010 come patrimonio culturale immateriale dell’umanità, non solo riconduce il cibo come fondamento dell’identità culturale e della continuità delle comunità, ma preserva il valore dell’acqua, come confermato dal fatto che in 13 città del Mediterraneo, l’adesione alla Dieta Mediterranea determina una riduzione dell’impronta idrica compresa tra il 19 e il 43% rispetto alle diete attuali. 

Il nostro Paese ospita poi anche molti esempi di aziende, chef, imprenditori capaci di immaginare ricette a basso impatto idrico, adattandole alle peculiarità del territorio come Ratanà o di ripristinare tecniche di preparazione che rallentano lo spreco lo scarto di cibo, altra deplorevole forma di spreco idrico. La fermentazione, ripresa e utilizzata dal Food Alchemist team di Bologna, rientra tra le tecniche capaci di estendere la vita degli alimenti di settimane, mesi o addirittura anni se conservati correttamente. 

Il costo ECONOMICO dell’acqua dis-persa 

Parlare del costo dell’acqua, ora che l’oro blu è stato ufficialmente quotato in borsa, è una questione delicata. Eppure, le contraddizioni e paradossi non mancano nemmeno in questo settore. Sebbene negli ultimi dieci anni le tariffe del servizio idrico siano aumentate di oltre il 90% e nonostante oggi in Italia 1,9 milioni di famiglie vivano in condizione di povertà assoluta, circa il 30 % dell’acqua erogata continua a non arrivare agli utenti finali, perchè dispersa in un sistema di distribuzione “a colabrodo”.  Un sistema che danneggia i portafogli degli italiani così come quelli delle casse pubbliche e mette in pericolo i 5.450 i “tesori del Made in Italy” agricolo censiti da Coldiretti nel 2022.

A far da contrappeso a tale non senso, l’emergere di sempre più storie di riscoperta, rivalorizzazione e efficientamento, come Blue Gold® che supporta direttamente i gestori del servizio idrico, attraverso l’installazione di smart device progettati per trasformare le reti del servizio idrico integrato in sorgenti di dati utili per una migliore gestione dell’acqua o soluzioni come quelle sviluppate da GRIDDIT e Latitudo 40 per sviluppare modelli di sviluppo urbano e ambientale capaci di prevedere e prevenire i rischi idrogeologici e alluvionali. Infine, sempre più casi ed esempi stanno riempiendo il Bel paese di esempi di turismo idrico lento e attento, come strumento necessario per promuovere un turismo delle vie d’acqua, incentivare il ripristino e la valorizzazione di questo prezioso patrimonio culturale, ambientale e paesaggistico, anche grazie alla presenza, proprio in Italia, di 14 musei  e realtà facenti parte della Rete Mondiale Dei Musei Dell’acqua dell’UNESCO.

Call to action

Proteggere e preservare l’acqua è una priorità che deve essere messa sotto i riflettori, a tutti i livelli e in tutte le stagioni dell’anno, in estate, per poter fronteggiare e prevenire scarsità, in inverno, per poter raccogliere, immagazzinare l’abbondanza che in alcuni casi deriva dall’epoca delle piogge.

Perché l’acqua è ovunque fuori di noi e dentro di noi, considerando che quasi il 60% dei corpi umani è composto da acqua. 

Come possiamo pensare di proteggere in modo autentico ed efficiente l’acqua e gli ecosistemi ad essa collegati, se ignoriamo ancora alcuni dei suoi funzionamenti e lottiamo ancora per comprenderne le complessità sottostanti?

Attraverso l’informazione, l’educazione e una maggior consapevolezza possiamo sostenere il cambiamento positivo, catalizzare i progressi verso il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), e soprattutto agire come leader di un’orchestra, lasciando che l’acqua si esprima in tutta la sua bellezza – una risorsa in grado di favorire la rigenerazione individuale, collettiva, culturale, politica, diplomatica, ambientale ed economica. 

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Questo articolo nasce dallo sforzo congiunto di EIT Food e Future Food nel creare ambienti abilitanti per riunire e connettere stakeholder, per accelerare l’innovazione per preservare la risorsa idrica ma soprattutto per disseminare e permettere di comprendere che salvare l’acqua è affar comune.