Si è da poco concluso l’incontro G20 a Trieste su Ricerca ed Innovazione, settori cruciali per assicurare una transizione verso un futuro più sostenibile. Ed al centro della ministeriale, una posizione di spicco è stata ricoperta dal digitale: digital economy, digital government sono parole cardine alla base della Dichiarazione Ministeriale sulla digitalizzazione, stressate come trampolino di lancio per accelerare verso una maggiore trasparenza, inclusione, efficienza, trasformazione dei modelli tradizionali di produzione, acceleratori di innovazione per città e comunità “intelligenti”.
Applicati al settore agro-alimentare, i vantaggi della digital innovation sono sotto gli occhi di tutti: droni, efficientemento idrico, minimo utilizzo delle risorse, Internet delle Cose stanno permettendo a moltissimi Paesi, Italia inclusa, di continuare ad assicurare sicurezza alimentare nonostante condizioni climatiche e ambientali in costante, estremo mutamento.
Dall’altro lato della medaglia, però, si pongono le problematicità di accesso equo ed inclusivo. Moltissimi paesi in via di sviluppo sono vittime di un digital divide enorme applicato all’agricoltura, accrescendo le disparità di genere e alimentando povertà ed esclusione. Rischi che sono particolarmente attuali anche nel nostro Paese.
“La trasformazione digitale deve essere inclusiva, vuol dire non lasciare indietro nessuno, avrà un grande impatto sulla trasformazione economica e deve tenere presente le Pmi che rischiano di pagare il prezzo e i territori meno agevolati che non hanno partecipato finora a questa evoluzione: non possiamo creare gap né all’interno del Paese né a livello globale. Tutto nel quadro della sostenibilità e si stanno facendo progressi”, ha riportato il Ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti.
Prima della pandemia, le piccole e medie imprese italiane erano il 92% delle imprese attive. Il valore legato all’imprenditorialità del territorio è pertanto indiscussa, rappresentando in termini esclusivamente economici, la più diffusa fonte di reddito. Una ricchezza indiscussa anche in termini turistici, con la metà dei 55 siti Unesco italiani locati in comuni sotto i 5 mila abitanti.
L’innovazione, e a maggior ragione l’innovazione digitale, deve saper andare a supporto dei bisogni che la comunità manifesta in un dato periodo storico, deve saper migliorare e aggiungere senza stravolgere e snaturare.
Di certo, non è impresa facile. Progettare una reale innovazione richiede un’accurata analisi del contesto, per assicurare una costante risposta agli effettivi bisogni umani. Richiede ricordarsi costantemente il Perchè, prima del come e del cosa; richiede partire da valori umani universali, per assicurare che l’innovazione sia al servizio di una prosperità diffusa e comune: dell’individuo, della comunità e del Pianeta.
E’ esattamente con questo intento che nasce il “Paideia Campus”, un nuovo polo internazionale dedicato alla formazione, alla ricerca, alla sperimentazione ed all’innovazione sul tema dell’Ecologia Integrale che vede nella Dieta Mediterranea una delle sue più efficaci manifestazioni. In una destinazione tutt’altro che causale, Pollica, locata al centro del Bacino del Mediterraneo, rappresenta il simbolo di un’innovazione anzitempo: dal modo di concepire la scienza e la salute, alla dirompente innovazione di considerare una dieta, la Dieta Mediterranea, come uno stile di vita di perfetto bilanciamento tra ciò che è buono per l’uomo e ciò che è giusto per il pianeta, fino alla lungimiranza di un Sindaco, Angelo Vassallo, che ha dato la vita per la legalità e sostenibilità, ora modello tangibile per la città e la comunità intera.
E’ proprio da qui che è nostro dovere riprendere, con un vero e proprio laboratorio dove sperimentare un nuovo tipo di socialità, dove incubare progetti di innovazione per l’Agricoltura, l’Alimentazione e l’Ambiente, senza dimenticare la valorizzazione del patrimonio artistico, culturale ed ambientale, accelerando concretamente quel processo di transizione digitale necessario oggi per garantire una fruizione più sostenibile dei territori, dei borghi e delle aree interne italiane. Un progetto che si è recentemente arricchito di un ulteriore tassello: la Food Coalition, lanciata ufficialmente all’evento collaterale contestuale al G20 a Matera dal Future Food Institute in collaborazione con la FAO, UNIDO Itpo Italia, ed ai partner Centro Studi Dieta Mediterranea “Angelo Vassallo”, KM0 (Spagna) e GenerationAG (Grecia). Una Coalizione che si sostanzierà per Italia, Spagna, Grecia, Tunisia, Marocco e Iraq nello sviluppo di soluzioni innovative che partono dalla tradizione e dalle radici locali: la “Dieta – stile di vita- mediterranea” come il modello da sviluppare per una produzione sostenibile e sana, facendo leva sul ruolo del settore privato nello sviluppo di partenariati ispirati al concetto di ecologia integrale, ma anche per sostenere alcune delle filiere più sensibili del settore agricolo mediterraneo.
A pensarci realmente, innovazione e tradizione non sono altro che due lati di una stessa medaglia. Non due aspetti in netta contrapposizione, ma due estremità di uno stesso testimone collegate tra loro. Il ragù alla bolognese, famoso in tutto il mondo, originariamente era senza pomodoro. Oppure la pasta secca ha rappresentato una preziosa forma di innovazione, nata per rispondere alle esigenze di una popolazione che passava da una realtà contadina ad una industriale con sempre meno tempo da passare in cucina. Solo oggi possiamo considerare la pasta nel formato “secco” un alimento tradizionale.
Una tradizione non è altro che un’innovazione che ha avuto successo e si è consolidata nel tempo. E’ tempo di creare queste forme di innovazione, innovazioni che migliorino ma rispettino le culture, che arricchiscano rigenerando il territorio e la comunità.
Un percorso che si può costruire solo con mutua collaborazione e confronto. Aspetti che sono al centro del G20 e del Food System Summit delle Nazioni Unite.