Con l’estate in corso ed i pericoli di siccità prolungata pronti a diffondersi sull’intero Stivale, il ruolo dell’incontro ministeriale del G20 su Ambiente, Clima ed Energia che si svolgerà a Napoli, in Campania, nel cuore del Bacino Mediterraneo, offre un ulteriore stimolo per accelerare la rotta verso nuove politiche e nuovi approcci, rigenerativi, inclusivi, ecosistemici.
UN’ITALIA CHE AVANZA VERSO LA DESERTIFICAZIONE
Quando si parla di desertificazione in Italia i dati non sono molto incoraggianti: nel Bel Paese il rischio di desertificazione si sta inesorabilmente espandendo su tutta la penisola, ha rivelato lo European Drought Observatory. Toscana, Umbria, Val d’Aosta, Alto Adige: aree che mai prima d’ora si sarebbero pensate in pericolo e a cui si devono aggiungere Puglia, Sicilia e Sardegna, già zone aride secondo l’Atlante Mondiale della Desertificazione. Aumento delle temperature, scarsità ed irregolarità delle precipitazioni, inefficienze delle reti idriche, prelievi idrici massicci, frane, erosioni, incendi sono solo alcuni dei fattori che rendono l’Italia un paese ad essere duramente colpito dalla desertificazione, Aspetti che si intrecciano con un uso irrispettoso dei terreni, come l’avanzamento incontrollato ed irresponsabile delle cementificazione che isola il suolo dalle falde acquifere, accrescendo i rischi di alluvioni. Il report dell’ISTAT pubblicato nel 2021 infatti rivela come nello Stivale il suolo sigillato artificialmente abbia l’estensione fisica dell’intera città di Modena.
Il territorio italiano si presenta quindi come un territorio altamente frammentato, interrompendo con edifici, infrastrutture ed alta densità abitativa la funzionalità e vitalità degli ecosistemi, ma anche eccessivamente sfruttato da pratiche agricole altamente estrattive, con inevitabili rischi per la biodiversità. E’ sempre l’ultimo report dell’ISTAT che monitora lo stato di implementazione nazionale agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, a rilevare che consumo e produzione responsabili (Goal 12) e la biodiversità terrestre (Goal 15) sono gli aspetti in cui il nostro Paese fa peggio. Non è un caso allora che quasi il 32% delle specie vertebrate ed il 20% di insetti presenti in Italia siano in pericolo di estinzione.
IL BACINO DEL MEDITERRANEO
Apprezzato, ammirato, lodato: il Bacino del Mediterraneo è una delle aree più ricche al mondo in termini di biodiversità, coprendo circa 2 milioni di chilometri quadrati. Una ricchezza intrisa di diversità: diversità morfologica e idrogeologica (geo-diversità); diversità di varietà di colture (agro-biodiversità); diversità paesaggistica; diversità di flora e fauna (bio-diversità). L’area del Cilento, collocata esattamente al centro del Mediterraneo, è un esempio vivente dei valori, dei ritmi, della cultura della “mediterraneità”, che dal cibo e col cibo racchiude “la sintesi di un insieme di elementi e di valori propri di un luogo geografico, storico, etico e culturale”.
Si tratta di un patrimonio dell’umanità, esemplificato nella Dieta Mediterranea, perfetta rappresentazione di uno stile di vita in grado di abbracciare un modello di ecologia integrale, oggi a rischio estinzione. Perché proprio il Bacino del Mediterraneo è tra le aree al mondo maggiormente colpite dalla desertificazione, sia fisica, in quanto principale vittima del cambiamento climatico, che sociale, con il progressivo abbandono e spopolamento delle piccole aree interne e comunità montane.
“La desertificazione ha un impatto drammatico sui nostri comuni patrimoni ambientali” ha ammonito Audrey Azoulay, direttore generale dell’UNESCO.
Per ripristinare il nexus tra uomo, pianeta e prosperità è necessario mettere in pratica politiche e progetti in grado di sostenere l’Agricoltura, l’Alimentazione e l’Ambiente, pur senza dimenticare la valorizzazione del patrimonio artistico, culturale, paesaggistico; la cura e la bellezza che la nostra stessa Costituzione, all’articolo 9, riconosce come diritti e che ci richiede di tutelare.
- AMBIENTE
Primo parco dell’intera area del bacino del Mediterraneo ad aver ricevuto la qualifica di Riserva della Biosfera UNESCO nel 1997 e iscritto nella rete dei Geoparchi UNESCO nel 2010, il Cilento con il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni ed i siti archeologici di Paestum, Velia e la Certosa di Padula, riveste una rilevanza mondiale in termini ambientali, paesaggistici e per la biodiversità. Un “Paesaggio culturale” che che porta con sé un’insita idea di cura. Tantissimi sono ormai gli studi che si stanno occupando di biofilia, ovvero il potere curativo della Natura per corpo e mente. “Mens sana in corpore sano”, già ricordava il poeta romano Giovenale nel secondo secolo dopo Cristo. Luoghi però che il cambiamento climatico e l’impatto antropico rischiano di pregiudicare. Con una diminuzione del 20% delle popolazioni della biodiversità terrestri, del 28% degli ecosistemi di acqua dolce e del 52% degli ambienti marini, il Bacino del Mediterraneo rischia sempre di più di assomigliare ad un deserto naturale.
Ripristinare suoli degradati in terre sane significa assicurare un ritorno della biodiversità, assicurare sicurezza alimentare, creare posti di lavoro, aumentare la resilienza economica, pratiche che esigono il rispetto dei cicli e dei tempi della natura. Possiamo imparare dall’antica saggezza del Mediterraneo, patria delle soluzioni basate sulla natura e dell’arte della pazienza, pienamente rappresentative anche dei suoi luoghi e paesaggi. Il sughero, ad esempio, è una delle piante più tradizionali e tipiche del Mediterraneo occidentale: cresce lentamente, si è adattato nel tempo alla siccità, rallenta l’erosione del suolo, contrasta la desertificazione. A volte, esempi viventi di relazione sinergica tra uomo e natura sono sotto i nostri occhi.
- AGRICOLTURA
Agricoltura e mediterraneo inevitabilmente richiamano con sè una parola: acqua. E’ l’agricoltura infatti il settore che pesa maggiormente in termini di prelievi idrici con l’irrigazione. Che sia sotterranea o superficiale, “irrigare per produrre cibo indebolisce particolarmente le falde acquifere sotterranee, che nel Bacino del Mediterraneo sono particolarmente sotto pressione”, ricorda Francesca Greco del London Water Research Group e ricercatrice presso il King’s College London. I segni della crisi idrica sono particolarmente evidenti nel Bacino del Mediterraneo: terreni degradati dalla siccità mettono a rischio il 21% dei raccolti, il 41% dei quali si trova proprio al Sud, rivela Confagricoltura. Dati che si aggiungono a prolungati razionamenti idrici anche ad uso personale e che vedono un prossimo futuro davvero poco roseo: una previsione di quasi un -40% della disponibilità idrica nei prossimi 50 anni, come preannunciato da Donatella Spano del Centro euro-Mediterraneo per i cambiamenti climatici,
Se vogliamo veramente valorizzare la risorsa idrica, soprattutto nel Bacino del Mediterraneo, dobbiamo premere sull’acceleratore e promuovere pratiche agricole capaci di risparmiare o riutilizzare acqua. E’ l’unica alternativa, come anche stressato dalle recenti politiche europee, per proteggere il patrimonio agroalimentare locale che proprio al sud offre al mondo le sue eccellenze. Una direzione che ci ha portato negli ultimi due anni ad impegnarci nel progetto “Acqua nelle nostre mani”, in partnership con Finish, a supporto degli orgogli agricoli nazionali, prima a Pollica, nel Cilento, quest’anno in Sicilia, a sostegno del Limone dell’Etna Igp.
- ALIMENTAZIONE
La Dieta Mediterranea è molto più che un semplice elenco di alimenti. Essa è uno stile di vita che bilancia ambiente e cultura, paesaggio e biodiversità, benessere collettivo ed individuale, ciò che è buono per l’uomo e ciò che è giusto per il pianeta. Nel cibo e nella convivialità trova il suo fil rouge, unitamente alla presenza di terreni sempre più impoveriti.
Quale sarà il futuro della Dieta Mediterranea in un Mediterraneo sempre più arido? Puntare a pratiche agricole rigenerative significa assicurare resilienza del territorio senza snaturare l’identità culturale, alimentare, territoriale. Significa ripristinare la produttività agricola anche tornando alle colture antiche, dimenticate, abbandonate, ma per loro stessa natura più nutritive e variegate, eredi dell’intimo legame con la storia e la tradizione. Significa rallentare l’abbandono colturale e porre un argine al fenomeno dei terreni agricoli dismessi, con una popolazione agricola sempre più anziana e nuove leve non pronte ad assicurare continuità. Questi sono fenomeni che spesso affliggono le piccole aree interne del Mediterraneo e inevitabilmente, come rivela anche l’ISTAT, contribuiscono ad accelerare dissesto del territorio e perdita di funzionalità ecologica.
Ambiente, agricoltura, alimentazione. Tre perni cruciali per far rinascere il nostro Paese ed in particolare il bacino del Mediterraneo, da forme di desertificazione che sono sinonimi di degrado territoriale a 360 gradi: degrado di biodiversità, degrado del suolo, degrado paesaggistico, degrado della produttività. E’ infatti la diversità (naturale, di metodi e pratiche, di approcci e saperi) ad assicurare un perfetto bilanciamento dei servizi ecosistemici e un naturale freno all’avanzamento della desertificazione.
E’ ora di ripristinare forme di educazione integrale, quelle che abbiamo ereditato proprio dalla Grecia e dalla Roma antica. Paideia era infatti il termine greco per designare un’educazione globale dell’uomo, capace di porlo con la natura che lo circondava. Paideia Campus è il nuovo progetto in cui ci siamo lanciati grazie alla preziosa collaborazione tra Comune di Pollica, Centro Studi Dieta Mediterranea “Angelo Vassallo”: un percorso per creare terreno fertile dove educare alla tradizione e alla cultura mediterranea, dove sviluppare innovazioni per affrontare le sfide del futuro e rinforzare le relazioni con l’ambiente e tra le persone per creare una comunità stabile e resiliente. Abbiamo però anche urgente bisogno di politiche che sappiano guidarci verso questa transizione ecologica, rimettendo al centro l’ambiente, il clima, la biodiversità e con essi modelli economici ed energetici realmente prosperi, per tutti.
Da una crisi entropica come quella che stiamo vivendo, non si esce mai uguali.
Questa è la nostra chiamata per intraprendere il cammino verso una nuova direzione. Non solo ripartenza, ma rinascita.
“Abbiamo bisogno di contadini, di poeti, gente che sa fare il pane, che ama gli alberi e riconosce il vento. Più che l’anno della crescita, ci vorrebbe l’anno dell’attenzione. Attenzione a chi cade, al sole che nasce e che muore, ai ragazzi che crescono, attenzione anche a un semplice lampione, a un muro scrostato. Oggi essere rivoluzionari significa togliere più che aggiungere, rallentare più che accelerare, significa dare valore al silenzio, al buio, alla luce, alla fragilità, alla dolcezza”. Franco Arminio