Farm to Fork. Italia, siamo davvero pronti?

“La grande sfida della nostra era è riuscire a preservare il pianeta, nutrendo l’uomo in modo sano e avendo cura per ecosistema che lo accoglie.” 

Possiamo cambiare il mondo un morso alla volta. Facile a dirsi, ma dobbiamo stare attenti a non cadere nel tranello della eccessiva semplificazione del sistema agroalimentare.

Alimentazione, Agricoltura e Ambiente. Tre elementi ormai indissolubili, rappresentano i bisogni primari per l’umanità, ma solo l’equilibrio magico tra le rispettive esigenze, spesso contrapposte, potranno garantire un futuro prospero al nostro pianeta.

Pensare oggi al futuro del cibo significa ripensare il modello produttivo, pensare ai protagonisti dell’agroalimentare, agli agricoltori ma anche alle industrie e a come loro saranno in grado di generare un cambiamento epocale nel modo in cui producono cibo, ottimizzando le loro risorse, che sono quelle della natura: acqua, energia, suolo.

La situazione di eccezionale emergenza globale causata dal coronavirus sta semplicemente rendendo più evidenti le distorsioni e i paradossi dei sistemi alimentari che, se non saranno totalmente ripensati in chiave sostenibile e rigenerativa, non saranno in grado di resistere alle sfide globali del nostro secolo: aumento della popolazione globale, pandemie e cambiamenti climatici. 

Come emerso dal progetto “Food for Earth” del nostro Future Food Institute, il cibo può essere lo strumento per ripristinare l’equilibrio tra uomo e natura. E che sia possibile mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici intervenendo sui modelli di produzione e consumo lo ha ora ribadito anche l’Unione Europea, che pochi giorni fa ha finalmente presentato la Strategie sulla protezione della Biodiversità e in particolare la Strategia “From Farm to Fork” cuore pulsante del Green Deal Europeo, nell’intento di diventare il primo continente neutrale in termini di emissioni di gas serra entro il 2050. 

La Commissione Europea punta ad obiettivi ambiziosi e virtuosi: proteggere almeno il 30% delle aree rurali e marine europee, a trasformare il 10% delle superfici agricole in aree ad alta biodiversità, e soprattutto ad incrementare del 25% delle superfici coltivate a biologico. Per l’Agricoltura si prevede inoltre una riduzione del 50% dell’uso dei fitofarmaci e del 20% dei fertilizzanti, e per la zootecnia e l’acquacoltura un taglio del 50% dei consumi di antibiotici; e a tutela del consumatore si prevede l’estensione dell’etichetta d’origine sugli alimenti.

EU Farm to Fork Strategy

EU Farm to Fork Strategy

Una strategia che, con riferimento ad agricoltura, allevamento, pesca e acquacoltura segue il piano d’azione dell’Agenda 2030 nelle sue tre P: People, Planet, Prosperity, ambendo così a favorire sistemi alimentari che siano equi, sani e rispettosi dell’ambiente attraverso 27 azioni ambiziose. Per accelerare la transizione verso sistemi alimentari sostenibili ed inclusivi allora è necessario rimodellare e rimodulare l’intera filiera produttiva, proprio dal produttore al consumatore. Come? 

 

 

  • Produzione di cibo sostenibile

Produrre cibo in modo sostenibile significa innanzitutto muovere passi avanti verso la sicurezza alimentare globale. Gli attuali modelli agricoli intensivi ci hanno condotto ad un settore agro-alimentare accusato di essere la causa principale della deforestazione globale, del depauperamento del suolo, della perdita della biodiversità, della contaminazione degli ecosistemi marini. Produrre cibo richiede acqua ed energia: il settore preleva infatti 70% dell’acqua dolce globale, utilizza un quarto dell’energia globale, per restituire alla Terra il 26% delle emissioni globali di gas effetto serra. Risorse naturali dalle quali la produzione di cibo è estremamente dipendente e che proprio il deterioramento dell’ecosistema ed il susseguirsi serrato di eventi climatici estremi rischia di comprometterne il raccolto.

Sviluppare un nuovo modello green, ribaltando quello esistente e quindi sequestrando anidride carbonica producendo cibo diventa la parola d’ordine anche per la Strategia Europea. Noi le abbiamo chiamate Climate Smart Farms: la riabilitazione dei suoli agricoli e degradati può rimuovere fino a 51 gigatonnellate di carbonio dall’atmosfera, attraverso tecniche che puntino a favorire la ricchezza e la biodiversità alimentare, riducendo la dipendenza da pesticidi e fertilizzanti. Ed in tutto questo l’innovazione tecnologica si sta rivelando uno strumento estremamente utile, come per esempio l’agricoltura di precisione che permette l’ottimizzazione dell’efficienza idrica e la massimizzare la quantità di acqua del suolo attraverso software di gestione delle aziende agricole e sensori per il monitoraggio e la raccolta di dati. 

La Strategia Europea punta a dimezzare l’utilizzo di fitofarmaci (per l’agricoltura) ed antibiotici (per allevamento ed acquacoltura), incrementando le aree dedicate alle colture del biologico e ad alta biodiversità. Saremo in grado di far fronte alle richieste di produzione nonostante queste nuove disposizioni? Saremo capaci di lasciare spazio a scienza e tecnologia per renedere le nostre produzioni più sostenibili ed altrettanto prospere?

 

  • Trasformazione e distribuzione sostenibile degli alimenti 

Il trasporto del cibo, la sua distribuzione, così come la ristorazione sono tutti comparti che risentono dei movimenti del mercato alimentare, oltre che influenzare indirettamente, attraverso le proposte dei prodotti forniti, scelte alimentari dei consumatori. Abbiamo testimoniato in prima linea le conseguenze dei blocchi nazionali e per questo dalla pandemia globale abbiamo dovuto apprendere velocemente l’importanza di migliorare la resilienza dei sistemi alimentari regionali e locali, così come l’urgenza di potenziare la trasparenza dell’intera filiera alimentare in modo tale da agevolare scelte alimentari informate nei consumatori. Anche se ad oggi la produzione di cibo locale non è un’opzione perseguibile per tutti i paesi, rafforzare la filiera “colta”, quella dei produttori locali, ove possibile significa massimizzare l’accesso al cibo, riducendo le distanze tra produttore e consumatore. Ma significa anche rendere cibo nutriente e sostenibile maggiormente accessibile alla popolazione, pur pagando il giusto corrispettivo economico a coloro che, con pazienza e attesa, hanno custodito un territorio. Un territorio che, nel caso dell’Italia meridionale rurale, è ad alto rischio di abbandono a cui è necessario porre un argine, come anche noi al Future Food Institute abbiamo cercato di fare insieme a Vazapp e Ruritage con la petizione #AdottaUnContadino. 

Sul fronte europeo, la strategia Farm to Fork ammette infatti la possibilità di introdurre di sussidi economici a favore di pratiche agroalimentari sostenibili in termini di emissioni di gas effetto serra. Queste disposizioni influenzeranno le importazioni da parte di Paesi con regole meno rigorose rispetto a quelle europee? 

 

  • Consumo alimentare sostenibile 

È chiaro che non potrà esservi nessuna transizione verso una filiera alimentare più sostenibile senza un cambiamento delle scelte alimentari dei consumatori. Ogni prodotto alimentare ha una diversa impronta ecologica. 

Ciò significa che attraverso le nostre scelte alimentari e diete possiamo contribuire a peggiorare o mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, oltre che contribuire alla salute e sostentamento umano. Ricordiamoci che tra le forme di malnutrizione, l’Organizzazione Mondiale della Sanità considera allo stesso livello sottonutrizione e sovrappeso. Aumentare la responsabilità culinaria dei consumatori ed indurli a votare con la loro forchetta è un’azione che è alla base di tante iniziative volte a valorizzare il ruolo dei consumatori nella filiera alimentare. Tra gli otto principi della dieta sostenibile pubblicata dal Barilla Centre for Food and Nutrition, viene espressamente menzionato l’importanza di prediligere frutta e verdure fresca, soprattutto se di stagione, e ridurre il consumo di carne e altri cibi processati. Da imprenditrice italiana, diffondere e promuovere il valore (culturale, nutrizionale e ambientale) della Dieta Mediterranea è ciò che da diversi anni sta animando anche la mia missione, a cui ora si aggiunge l’impegno della strategia europea di incoraggiare, attraverso tasse ed incentivi, i consumatori a scegliere diete sostenibili e sane.

Nello specifico della Strategia Europea, l’intenzione di invertire gli attuali livelli di obesità e sovrappeso entro il 2030, viene promossa attraverso l’introduzione di profili nutrizionali contenuti all’interno dell’etichettatura frontale dei prodotti, tale da ridurre il consumo di cibo ad alto contenuto di grassi, zuccheri e sale.

Da italiana, penso a quanto il valore della Dieta Mediterranea, uno stile di vita orientato al benessere dell’uomo e del pianeta, prima ancora che una “dieta”, possa trarne beneficio. Allo stesso tempo però mi domando che ne sarà delle nostre ricette tradizionali. Sapremo preservarne i rituali e la storia, parte integrante della nostra cultura e della nostra “identità”.  Saremo costretti a ripensare alle nostre tradizioni culinarie?

 

  • Prevenire la perdita e spreco di cibo

Un terzo del cibo che, ogni anno, viene prodotto per sfamare l’umanità si perde tra il campo e la produzione o viene sprecato tra il retail e la cucina. Una pratica deplorevole in sè in termini di inutile utilizzo di risorse naturali, lavoro ed investimenti, che acquista ancora più rilievo se si considera che ad oggi  800 milioni di persone nel mondo soffrono la fame.

Ora che la pandemia globale ha ridisegnato la piramide dei nostri bisogni, i consumatori stanno gradualmente riscoprendo il valore essenziale del cibo, mostrandosi così anche più sensibili verso le tematiche dello spreco alimentare. Come emerso dal sondaggio promosso dal Future Food Institute, che evidenzia che in fase di lockdown è aumentata la consapevolezza e l’attenzione nei confronti del cibo, infatti quasi la totalità dei rispondenti ha dichiarato di non sprecare quasi nulla, e comunque di prestare più attenzione all’acquisto di prodotti freschi e di qualità.  

A livello europeo, l’impegno è quello di dimezzare lo spreco alimentare pro capite entro il 2030. Noi cittadini faremo la nostra  parte, e modelli virtuosi come quello Italiano implementato dalla Legge Gadda potranno essere strumenti utili per accelerare la transizione necessaria; ma quali saranno le misure a supporto dell’industria per implementare modelli di economia circolare e trasformare gli scarti in nuovo valore?

Come obiettivi così ambiziosi influenzeranno le attuali regole di sussidi alla base della Politica Agricola Comune (PAC) e quale sarà la sorte delle pratiche di sovrapproduzione?

 

Ricostruire una catena alimentare che crei valore per consumatori, produttori, società ed ambiente è allora un percorso necessario, per incrementare la resilienza di un sistema che ha mostrato numerose falle e tanta entropia, ma anche per creare nuove opportunità di sviluppo. Ricerca, innovazione, tecnologia ed investimenti dovranno essere veicolati tutti verso una finalità comune, quello della rigenerazione ambientale, sociale ed economica, in uno scambio di conoscenze e competenze da tradursi in azioni coese ed uniformi. 

Il cibo è vita, nutrimento, è veicolo di valori, cultura, simboli ed identità, il cibo è socialità

Non rassegnamoci davanti alla complessità del nostro sistema iper-connesso e globalizzato, non limitiamoci a narrare i valori che il cibo rappresenta attraverso un “nutri-score”, e non rinunciamo alla bellezza ed alla ricchezza dei nostri paesaggi.

Ora serve uno sforzo collettivo, basato sulla condivisione delle conoscenze e sulla cooperazione delle discipline.

La Strategia Europea è delineata; ma ora l’Italia sarà capace di mettere in campo scienza, coscienza e tecnologia, e creare un modello capace soddisfare le esigenze produttive, culturali, sociali ed ambientali dell’intero eco-sistema?

 

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