Politica Agricola Comune:
tra urla e silenzi qual è la retta via?
Il Parlamento Europeo ha appena approvato la Politica Agricola Comune così come era stata presentata. Una serie di provvedimenti che avevano raccolto già numerose polemiche da Associazioni ambientaliste e ONG. Ma sono soprattutto i giovani attivisti ambientali ad aver sollevato, a livello mondiale, una poderosa protesta contro la PAC (politica agricola comune). Lo hanno fatto attraverso la campagna “Vote this CAP down” indirizzata ai membri del Parlamento Europeo. Una protesta che non è di certo passata inosservata. Eppure è assordante il silenzio dei media e quello dei politici e delle Istituzioni coinvolte.
E’ il segno tangibile che si è toccato un nervo davvero scoperto. La protesta giovanile stavolta ha toccato il settore agricolo e agroalimentare, vero cuore del problema climatico e della crisi sanitaria che stiamo vivendo, a livello europeo ma anche a livello globale. E quando si toccano i nervi scoperti, le reazioni sono quelle a cui oggi abbiamo assistito. E’ come se gli adulti si fossero irrigiditi improvvisamente e le due bolle generazionali si fossero improvvisamente polarizzate e cristallizzate, sollevando muri invece di issare i ponti di selfie e slogan preconfezionati a cui abbiamo assistito quando quegli stessi giovani protestavano per i cambiamenti climatici. Ce lo ricordiamo tutti. Inutile far finta di niente.
Ma come? Quando si parla di relazione tra cibo e clima, diventiamo tutti sordo ciechi di fronte ai nostri giovani, che sono la nostra coscienza? Perché? Come è possibile che nell’inondazione sui social della campagna Vote this CAP down, non si siano viste reazioni di adulti, policy makers, industriali, media e che questa potente campagna sia rimasta nella bolla generazionale dei nativi digitali?
E’ la prima volta che Greta Thunberg, schiaccia l’acceleratore proprio sul cibo, che è il nostro campo di azione. Si era meravigliata molto che il dibattito che si stava generando intorno al cibo fosse relegato alla questione semantica sugli hamburger di carne e vegani, come pure proprio oggi riporta il Financial Times qui:
E dopo il suo sarcastico stupore, ecco il video che ha fatto il giro del Pianeta:
Tutti i giovani lo hanno condiviso. Nel mondo adulto invece è il caso di dire che si sono viste solo balle di fieno mediatico rotolare stanche nelle conversazioni autoreferenziali. Che silenzio assordante. Che silenzio ingiusto.
Ingiusto perché un tema di tale importanza, essenziale ed estremamente complesso, merita l’attenzione di tutti e non può essere relegato a poche posizioni ideologiche che spesso arrivano a prevalere anche sull’opinione della scienza.
Greta ha acceso i riflettori su questo tema e scatenato le coscienze delle giovani generazioni. Ora è giusto aprire il dibattito ed è necessario costruire insieme un percorso costruttivo.
Il tema della sostenibilità dei sistemi agroalimentari è estremamente complesso, tocca la cultura, l’identità, il lavoro, la dignità, la vita, le tradizioni, la famiglia, la diplomazia, la geopolitica, i territori, la biodiversità, e la salute dell’umanità e la salute del pianeta.
I rischi, le fragilità e le disuguaglianze sottostanti nei sistemi agroalimentari ormai sono imprescindibilmente globali ed interconnessi. I “valori” rappresentati dalle scelte politiche e strategiche relative ai sistemi agroalimentari globali e locali rappresentano le più profonde questioni etiche e diplomatiche del nostro tempo ed il valore economico in ballo è indiscutibilmente rilevante.
Secondo BCFN il valore di mercato dei sistemi agroalimentari globali è pari a 10 trilioni di dollari, ma le esternalità negative ci costano 2 trilioni di dollari di eccedenza, tra danni irreversibili agli ecosistemi e spesa pubblica crescente, tanto che rivoluzionare gli attuali sistemi porterebbe ritorni economici per circa 5,7 trilioni di dollari, creando nuove opportunità commerciali fino a 4,5 trilioni di dollari anno entro il 2030 e dando vita a benefici ambientali e di salute per la popolazione mondiale.
Ma l’obiettivo #ZeroHunger è la vera sfida!
La grande sfida della nostra era è riuscire a preservare il pianeta, nutrendo l’uomo in modo sano e avendo cura per ecosistema che lo accoglie.
Ma come farlo?
#WeDontHaveTime. Non c’è più tempo per salvare il pianeta. Lo dicono i climatologi e gli scienziati di tutto il pianeta. Bisogna reagire velocemente agli allarmi ambientali.
Un terzo della responsabilità ricade su i sistemi agroalimentari. Secondo il rapporto dell’Ipcc il cambiamento climatico aumenta di 0,2 gradi ogni decennio, stiamo andando velocemente verso il superamento di 1,5° C di riscaldamento. Il che significherebbe non solo danni all’ambiente in cui viviamo, e ripercussioni drastiche sulla società e le economie globali.
Le scelte drastiche sono la giusta soluzione?
L’agricoltura richiede tempo, la scienza ha fatto grandi passi in merito, le imprese – quelle buone – stanno gestendo una transizione nei processi e nei modelli produttivi epocale, ma per gli agricoltori quali sono i veri aiuti e le difficoltà da superare perché la transizione “green” avvenga?
Ci piacerebbe nell’ambito di questo dibattito ascoltare la voce della scienza e vedere i numeri degli impatti generati.
Quali risultati abbiamo ottenuti negli ultimi 7 anni?
Quali sono i tempi “sani” per gestire la conversione ecologica necessaria e la svolta integrale senza causare danni collaterali alla società?
Quale ruolo gioca l’Europa nella partita sui mercati mondiali tra USA e CINA, e quali impatti economici, sociali ed ambientali si ripercuoteranno sul nostro continente?
Un tema di tale importanza, essenziale ed estremamente complesso, merita l’attenzione di tutti e non può essere relegato a poche posizioni ideologiche che spesso arrivano a prevalere anche sull’opinione della scienza.
Per questo servono informazioni chiare ed attendibili, che ci aiutino a comprendere la grande complessità dei sistemi agroalimentari, facilitando il dialogo, supportando le organizzazioni virtuose.
Dopo l’orgoglio provato per l’annuncio della ambiziosa strategia Farm To Fork, è un pugno al cuore leggere nelle parole di Luisa Neubauer, Greta Thunberg, Adélaïde Charlier, Camille Etienne and Anuna de Wever van der Heyden la delusione rispetto agli impegni presi “Empty words, empty declarations, empty “deals”, empty promises followed by action leading into a completely different direction.” La generazione che ci sta chiamando rappresenta il nostro futuro ed oggi più che mai, anche a causa del Covid sta subendo delle pressioni che trasfomeranno la società del futuro, vivendo un periodo senza precedenti di rischio per la propria salute mentale, di isolamento e forte scoraggiamento persino nella ricerca del lavoro, in un mondo che è al collasso (un esempio in Italia è dato dai Neet: https://24plus.ilsole24ore.com/art/giovani-neet-e-lavoro-come-rilanciare-generazione-difficolta-AD5LSFx?s=hpl)
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite non più tardi di dieci giorni fa annunciando il Food Systems Summit del 2021 e la maratona virtuale organizzata dal nostro Future Food Institute in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione ha sottolineato l’importanza e l’urgenza di affrontare il tema e cambiare i sistemi agroalimentari dato l’impatto che hanno sui cambiamenti climatici e la creazione delle condizioni di pace tra i popoli.
Ecco perché noi questo silenzio non lo accettiamo.
Se non noi, chi? Se non ora, quando? Il lavoro al fianco delle agenzie delle Nazioni Unite, con il UN Food Systems Summit, con la FAO, con le industrie, le startup, gli influencer, con i policy maker, i climate shapers, con gli agricoltori, con i maestri ed i bambini nelle scuole ci lascia ogni giorno nuovi spunti e nuovi insegnamenti, e tutti convergono verso un unico grande GOAL l’ultimo, il 17, il più essenziale, quello delle partnership, della collaborazione che ci deve spingere verso una sana modalità di “co-opetition” per il raggiungimento degli obiettivi dettati dall’Agenda 2030.
Il silenzio adesso sarebbe complice di un sistema disfunzionale che per troppi anni è stato perpetrato ai danni delle risorse naturali e della nostra salute.
Sappiamo che vogliamo essere più informati e conoscere le posizioni della scienza. Non vogliamo che il silenzio si oggi dia ragione a chi tiepidamente abbraccia la teoria dei piccolissimi passi per non scontentare nessuno quando invece è tempo di scelte coraggiose, è tempo davvero di invertire la rotta.
Seneca diceva “lasciamo ai pigri e ai vili le vie piane e sicure: i valorosi salgono alle vette”. Per noi, questo silenzio è stato un pò pigro e vile. Passiamo dalla protesta alla proposta, e non limitiamoci ad ascoltare i giovani, ma impegnamoci a progettare con loro il futuro, a portare le istanze sulla relazione tra cibo e clima in tutti gli ambienti istituzionali, nonché nelle piattaforme di istruzione ed apprendimento.
Grazie a chi continua a battersi, suscitando l’interesse perché è così che creiamo anche classi di consumatori più consapevoli, gli stessi che sapranno scegliere industrie virtuose, alcune delle quali sono certamente dalla parte di chi il silenzio lo rompe.
Sara Roversi e Claudia Laricchia. Future Food Institute