Ci sono cose che non puoi raccontare subito. Hanno bisogno di tempo. Di silenzio. Di riposo. Servono giorni per lasciarle decantare, per permettere ai pensieri in fermento di placarsi, all’energia che ti attraversa di posarsi. Per sentire davvero cosa è accaduto. Per capire cosa è rimasto. Per trovare parole che non raccontino soltanto, ma restituiscano il peso, la luce, il silenzio di quello che abbiamo vissuto.
È successo di nuovo. Anche quest’anno. Anche stavolta, in quel tempo sospeso in cui l’estate si lascia attraversare dall’autunno, e l’aria si fa più sottile, più leggera, più viva. Anche stavolta, abbiamo scelto di abitare questo momento preciso: la soglia. Ogni anno, a Pollica, il TEDx arriva in questo punto esatto del calendario. Non è un caso. È una scelta. Perché c’è bisogno di tempo per fermarsi. Per ascoltare. Per tornare ad abitare il presente. E perché questo luogo, questo borgo, queste persone, hanno imparato a custodirlo come si fa con le cose sacre.
Quest’anno il tema scelto non poteva che essere proprio il tempo. Tempo lento come disobbedienza gentile in un mondo che ci vuole veloci, leggeri, giovani, belli e performanti. Tempo come atto sovversivo, come scelta consapevole di rallentare per tornare a sentire. In questo mondo che brucia e dimentica, che frammenta e consuma, noi abbiamo deciso di lasciare traccia. Di rallentare, per abitare ogni istante. Di allargare il concetto di tempo, non per avere di più, ma per essere di più. Perché il tempo non è solo un orologio che batte: è memoria viva, è presenza consapevole, è orizzonte da costruire insieme. E in un’estate segnata da guerre disumane, da scroll logoranti e silenzi colpevoli, abbiamo scelto di restituire umanità, di riscoprire il senso dell’abitare, di condividere pensiero, respiro, sguardo. Di nutrire quel ritmo fragile e potente che chiamiamo comunità. Con il TEDxPollica abbiamo tracciato una mappa, un acronimo che è anche una dichiarazione d’intenti: T.E.M.P.O. – Traccia, Esperienza, Movimento, Presenza, Orizzonte. Un alfabeto emotivo, civile, poetico. Un invito a ricordarci chi siamo, a ritrovare la rotta, a non lasciare che questo tempo ci scivoli addosso senza averci attraversati.
C’è un tempo dell’anno in cui il cielo sembra abbassarsi e restare con noi, più vicino. Un tempo in cui l’estate si fa più leggera sulle spalle e nell’anima. Un tempo che non ha un nome preciso, ma ha un ritmo, ha un respiro. E a Pollica, quel tempo è sacro. È il tempo che invita a fermarsi, ad ascoltare, a scegliere. E oggi, in punta di piedi, comincia un nuovo anno.
Abbiamo vissuto quattro giorni intensi. Giorni di cura, di comunità, di presenza. Giorni che si sono radicati sotto la pelle.
Il primo giorno è stato dedicato alle donne. Le mie rocce. Presenze silenziose e potenti che reggono ogni cosa, anche quando nessuno le vede. Non c’è palco, evento, sogno che possa esistere senza la loro forza discreta. Donne che, con garbo e determinazione, con coraggio e grazia, con ascolto, pazienza, visione e passione, cuciono e custodiscono il tessuto invisibile di questa esperienza condivisa. Donne che sono il mio esempio. Che ogni giorno mi ispirano. Con la loro tenacia, la loro sensibilità, la loro capacità di esserci davvero e fare la differenza. Non quelle sotto i riflettori, che dominano i palcoscenici, ma quelle che reggono la nostra società. Quelle che educano, che generano, che curano, che accudiscono, che nutrono. Quelle che non alzano la voce, ma che ogni giorno costruiscono futuro con gesti pazienti. Gesti talvolta impercettibili nell’immediato, ma dall’impatto profondo nel tempo. Gesti potenti, invisibili, essenziali. Gesti che custodiscono il mondo.
Il secondo giorno ci ha portato a sederci con i bambini. A guardarli negli occhi e parlare di pace, di comunità, di Gaza. Abbiamo nominato l’ingiustizia, la guerra, la sofferenza. Senza filtri, ma con delicatezza. E abbiamo ascoltato la loro meravigliosa capacità di andare all’essenziale, quello “invisibile agli occhi”, come ci ricorda il Piccolo Principe. La loro capacità di capire, di domandare, di tenere aperta la possibilità. Una grande lezione anche per noi. I bambini sono una palestra viva di umanità. Con la loro limpidezza ci disarmano, ci rieducano alla verità, ci ricordano che la compassione non è debolezza, ma radice. Che l’ascolto è azione. Che restare sensibili non è debolezza, è un atto rivoluzionario.
E poi, insieme agli amici della Compagnia Daltrocanto, la piazza ha fatto largo alla musica. Le note, i ritmi, le storie del Sud ci hanno ricordato chi siamo. Ci hanno tenuti vicini, presenti, umani. Perché essere Sud non è solo una geografia. È una postura del cuore. È resistenza dolce. È ostinazione e memoria collettiva che pulsa nelle vene. È la capacità di trasformare la fatica in festa, il dolore in canto, la ferita in accoglienza.
Il terzo giorno è stato quello del TEDxPollica. Costruire, smontare, ricostruire. Un tempo denso, generoso, pieno di parole che hanno scavato e lasciato tracce. Ci siamo preparati a lungo, non solo con il lavoro delle mani, ma con quello dei cuori. Abbiamo accolto amici, maestri, mentori, speaker straordinari che con umiltà e generosità hanno condiviso il loro sguardo. Ci hanno regalato domande e visioni. Ci hanno aiutato a rallentare, a fare spazio, a vedere il mondo da angolazioni nuove. A ciascuno di loro va la mia gratitudine profonda. Non per la performance, ma per la presenza. Per il coraggio di mostrarsi e di mettersi in relazione.
E domenica, con il cuore ancora pieno, abbiamo chiuso questo ciclo di fine estate insieme al Paideia Campus, al Castello dei Principi Capano, alla Pro Loco di Pollica. Con il Borgo del Tesoro, con la scoperta e la meraviglia. E poi con una cena cucinata insieme, in piazza. A lume di sguardi e di parole buone. Una cena che non è stata solo un pasto. Ma un rito. Una restituzione. Una festa dell’anima. La comunità si è ritrovata. Ha impastato, apparecchiato, condiviso. Ha celebrato la bellezza delle cose semplici fatte insieme.
E così, nel cuore del Cilento, tra vicoli che raccontano e mani che accolgono, abbiamo scelto di prenderci il tempo. Il tempo per preparare, per accogliere, per ascoltare. Il tempo per essere, non solo fare. Il tempo della cura. Il tempo del coraggio.
Abbiamo scelto di non limitarci a organizzare un evento. Ma di abitare una possibilità. Di tessere una comunità. Di creare uno spazio che fosse fertile, autentico, condiviso. Di intrecciare relazioni, visioni, esperienze. Di tessere, insieme, la trama viva della nostra storia.
Seguiranno, a breve, 10 tracce, 10 visioni sul tempo. I nostri speaker con le loro storie ci hanno attraversati, ci hanno scossi, ci hanno insegnato a guardare altrove e più a fondo. Hanno tracciato rotte nuove, aperto squarci di senso, dato voce a ciò che spesso resta taciuto. Hanno dato forma al tempo, lo hanno reso denso, vivo, necessario. Li onoreremo uno per uno, come si fa con i doni preziosi.
Perché TEDxPollica non è un palco da osservare. È un tempo da vivere. È un atto collettivo di resistenza poetica, come direbbe forse il nostro amico Franco Arminio.
In un’epoca che divora, corre, separa, noi scegliamo di restare. Di rallentare. Di sentire. Di costruire.
Abbiamo attraversato giorni densi di vita, di parole che scavano, di silenzi che curano.
Abbiamo celebrato il tempo come atto di presenza, come ribellione dolce, come seme di futuro.
E ora, con i piedi ben piantati nella terra e lo sguardo rivolto all’orizzonte, sappiamo che ogni gesto, ogni relazione, ogni cura condivisa è parte di una costruzione più grande.
Una costruzione lenta, radicale, collettiva.
Perché quello che scegliamo oggi determina ciò che saremo domani.
E perché – come ci ricorda Matteo Mocchi – QUI È ORA.