Generazione “Living Lab”

Comunità che innovano navigando la complessità

Viviamo in un’epoca di straordinaria complessità, una vera e propria “tempesta perfetta” in cui crisi climatica, pandemie, conflitti geopolitici e disuguaglianze crescenti si intrecciano in modo inestricabile. In questo scenario di policrisi, come l’ho definita in passato, emerge con forza la necessità di nuovi approcci per affrontare le sfide globali. È in questo contesto che il modello dei Living Lab si rivela uno strumento prezioso, capace di abbracciare la complessità e navigarla insieme, mettendo in dialogo generazioni diverse.

I Living Lab rappresentano ecosistemi di innovazione aperta, centrati sull’utente, che operano in contesti territoriali reali. Sono laboratori viventi dove cittadini, imprese, centri di ricerca e istituzioni collaborano per co-creare soluzioni innovative a problemi concreti. Questo approccio permette di superare i tradizionali silos disciplinari e settoriali, favorendo una visione olistica e integrata delle sfide da affrontare.

L’Unione Europea ha compreso appieno il potenziale di questo modello, investendo significativamente nella sua diffusione e nel consolidamento di una rete europea di Living Lab. La European Network of Living Labs (ENoLL), fondata nel 2006, conta oggi oltre 480 membri in tutto il continente e oltre. Questa rete facilita lo scambio di conoscenze, buone pratiche e la creazione di partnership transnazionali, fungendo da catalizzatore per l’innovazione su scala europea.

Ma attenzione: perchè si generi un impatto reale, non bastano il format o la metodologia. Per essere veramente efficace e trasformativo, un Living Lab deve avere un’anima ed un’etica. Come ci ricorda Paolo Venturi, direttore di AICCON e fonte di grande ispirazione per il nostro lavoro, è fondamentale che questi spazi di innovazione siano orientati alla generazione di “prosperità inclusiva”. Non si tratta solo di produrre innovazione tecnologica o economica, ma di creare valore condiviso per l’intera comunità.

In questo senso, i Living Lab possono diventare luoghi dove l’innovazione incontra l’economia civile, promuovendo un modello di sviluppo che mette al centro la persona e il bene comune. Come scrive Venturi, “la prosperità inclusiva è il risultato di un processo di innovazione sociale che genera valore economico e impatto sociale in modo sinergico e non dicotomico”. I Living Lab possono essere i catalizzatori di questo processo, facilitando l’incontro tra diverse forme di conoscenza, competenze e risorse del territorio.

Al Future Food Institute abbiamo abbracciato questa visione fin dal 2014, decidendo di trasformare le nostre sedi in veri e propri Living Lab. Oggi, questa scelta si è rivelata vincente, permettendoci di essere coinvolti in tre importanti progetti europei: CITIES2030, SEEDS e SWITCH. Questi progetti, finanziati attraverso programmi come Horizon 2020 e PRIMA, ci permettono di sperimentare e affinare ulteriormente l’applicazione del modello Living Lab nel contesto agroalimentare.

CITIES2030, ad esempio, mira a co-creare sistemi alimentari urbani resilienti e sostenibili, coinvolgendo 41 partner in diverse città europee. SEEDS si focalizza invece sull’imprenditorialità sostenibile nel settore energetico, implementando Living Lab in paesi del Mediterraneo come Marocco, Tunisia, Giordania ed Egitto. SWITCH, infine, si concentra sulla transizione verso diete sostenibili e sane, operando attraverso Food Hubs in sei regioni europee.

È importante sottolineare che l’approccio dei Living Lab di FFI non si limita al contesto europeo. Nel 2020, in collaborazione con Tokyo Tatemono, abbiamo aperto un innovativo Living Lab nel quartiere di Kyobashi a Tokyo, con l’obiettivo di avviare un ambizioso processo di rigenerazione urbana nella metropoli giapponese. Questa iniziativa dimostra la scalabilità e l’adattabilità del modello Living Lab anche in contesti culturali e urbani molto diversi.

Ma è forse a Pollica, nel cuore del Cilento, che il nostro modello di Living Lab trova la sua espressione più completa e affascinante. Il Paideia Campus (tra i progetti pilota del Network Cities2030), situato nel Castello dei Principi Capano, è diventato un vero e proprio ecosistema di innovazione aperta, dove studenti, ricercatori, imprenditori e cittadini collaborano per reinventare il futuro del cibo e dell’agricoltura.

Qui, la tecnologia si fonde con la tradizione millenaria della Dieta Mediterranea, creando un ponte tra passato e futuro. Gli spazi del Living Lab, dalla cucina sperimentale ai Food Maker spaces, dalle Tower Garden agli spazi di Urban Farming, offrono infinite possibilità di apprendimento e sperimentazione. Non ci sono aule tradizionali, ma spazi ibridi dove innovazione low tech e high tech si incontrano, dove si impara facendo, collaborando e divertendosi.

Il Paideia Campus non è solo un luogo di innovazione, ma un vero e proprio laboratorio di rigenerazione territoriale. Qui, i giovani riscoprono le radici del loro territorio e al contempo si aprono al mondo, sperimentando tecnologie all’avanguardia all’interno della Digital Academy

Questo approccio integrato, che unisce innovazione tecnologica, sostenibilità ambientale e valorizzazione del patrimonio culturale, incarna perfettamente l’idea di prosperità inclusiva di cui parla Venturi. Il Living Lab di Pollica non si limita a produrre innovazione, ma genera valore condiviso per l’intera comunità, contribuendo a rivitalizzare un’area interna a rischio spopolamento.

In conclusione, questa generazione di ricercatori, innovatori e attivisti  che anima i Living Lab, può rappresentare una risposta concreta e potente alle sfide complesse del nostro tempo. Unendo le forze di attori diversi, abbracciando la complessità e mettendo al centro la persona e il territorio, i Living Lab possono essere veri e propri motori di trasformazione sociale ed economica.

Non si tratta solo di spazi fisici o di metodologie, ma di un nuovo modo di pensare e agire collettivamente. Un approccio che ci permette di navigare la complessità non come un ostacolo, ma come un’opportunità per co-creare un futuro non solo più sostenibile, ma verso un modello di sviluppo ecologico integrale, equo e prospero per tutti. La sfida è aperta: sta a noi, coglierla e trasformarla in realtà.