La rigenerazione ecologica integrale parte dalla tutela dall’ecosistema “terra”.
Uno dei più grandi insegnamenti che questi anni così difficili fatti di sfide da risolvere, lotte contro il tempo e nuovi modelli da ricreare è la presa di coscienza che nessun problema – così come nessun cambiamento – viene mai da solo.
Nella rete della vita in cui tutto è così inscindibilmente connesso, la rotta verso un cambiamento radicale richiama con sè il bisogno di ricucire le distanze tra dimensioni diverse, generazioni diverse, protagonisti diversi, ma anche l’abilità di saper analizzare il contesto nei diversi livelli di profondità, da quelli più evidenti a quelli più sottili e nascosti.
In questo, il suolo che ogni giorno calpestiamo, sfruttiamo, e diamo per scontato, rappresenta il risultato più eclatante di quanto danno possiamo fare limitando il nostro sguardo alla dimensione più grossolana, dimenticando di metterla in relazione con l’intangibile o il nascosto.
Vediamo chiaramente i profondi segni lasciati dalla desertificazione ad ogni latitudine e longitudine, dall’Africa all’Oceania, incluso il nostro paese, colpito per quasi il 30% del suo territorio. Eppure ancora troppe volte ci si dimentica che tale fenomeno altro non è che una delle più gravi forme di deterioramento e degrado di suolo, che non necessariamente si traduce in evidente desertizzazione, ma più invisibile fragilità dell’intero ecosistema, nel suo tessuto idrologico, morfologico, vegetale e animale.
Negli ultimi decenni, la malnutrizione sta aggressivamente raggiungendo forme meno evidenti: si parla sempre più di hidden hunger (fame nascosta) a conferma che tanto del cibo che oggi ingeriamo non è più in grado di nutrirci con quei micro nutrienti, macro nutrienti, sali minerali e vitamine che dovrebbe essere in grado di passare dalla terra all’uomo. Perchè come ricordano le Nazioni Unite, 15 dei 18 elementi chimici che servono alle piante (e quindi anche al cibo) per crescere derivano dal suolo, mentre ad oggi 500 milioni di persone vivono in aree il cui il degrado terrestre ha raggiunto il massimo livello.
Abbiamo dati spietati che ci ricordano il danno che monoculture, standardizzazioni e pratiche intensive possono fare all’ambiente, ma meno evidente è l’impatto culturale del deterioramento del sottosuolo. Sono 5.450 i “tesori del Made in Italy” censiti da Coldiretti nel 2022, a rischio estinzione tra rincari energia, danni causati da un clima sempre più impazzito e da un suolo sempre più impoverito. Un patrimonio culturale intangibile, come dimostra il valore della Dieta-Stile di Vita Mediterraneo, che passando dal suolo, dalle mani e dal sapere di agricoltori e agricoltori, nutre integralmente corpo, anima, identità ed economia locale e che deve essere difeso in modo deciso, perchè patrimonio dell’umanità intera.
Oggi la politica sembra stia comprendendo il bisogno impellente di fare un passo avanti, abbracciando quella visione ecosistemica, multifunzionale e interdisciplinare che è necessaria per assicurare sovranità alimentare. E’ interesse di tutti riportare al centro la sovranità alimentare, che è qualcosa di più esteso rispetto alla stessa sicurezza alimentare che oggi fa così tanta paura, perchè significa voler ripartire dalla vera base della piramide alimentare, dal suolo, rispettando i delicati equilibri ecosistemici che ne derivano ma anche difendendo e tutelando quei tanti piccoli agricoltori, allevatori, pescatori rigenerativi che con il loro lavoro si prodigano per riportare i sistemi agro-alimentari alla loro vera funzione: quella di perno per una rigenerazione ecologica integrale.
La sovranità alimentare non è una questione di destra o di sinistra. Non una questione di nord o sud, così come non è qualcosa che può essere risolta semplicemente considerando un lato o una dimensione del problema. Quando si parla di diritti universali come il diritto ad avere sufficiente quantità di cibo sano e nutriente, allora diritti e doveri sono equamente distribuiti. Politica e cittadinanza, imprese e scienza, finanza e ambientalismo, incluso ogni singolo consumatore con le proprie scelte alimentari e con le proprie forchette può rendere possibile questo necessario cambio di paradigma. Un cambiamento che dal basso ci ricollega al suolo, di cui oggi celebriamo la rilevanza come origine del nostro cibo, e si riverbera ad ogni altro livello nelle nostre vite.
“Il suolo è il grande connettore delle vite, la fonte e la destinazione di tutto. È il guaritore, il restauratore e il resuscitatore, grazie al quale la malattia si trasforma in salute, l’età in giovinezza, la morte in vita”. – Wendell Berry