I sistemi agroalimentari stanno ricevendo attenzioni e pressioni senza precedenti.
Mai come oggi, infatti, sono al centro di un dibattito internazionale fitto che non relega più il tema alle stanze dei policy makers, ma che lo apre a piattaforme multi stakeholder che coinvolgono anche agricoltori, chef, giovani attivisti, innovatori, e gli imprenditori dell’industria alimentare, sempre più consapevoli che il cibo oggi non è più una mera commodity, una merce da assoggettare alle leggi di mercato, ma è prima di tutto il linguaggio universale e vitale che ci lega all’ambiente e al territorio da cui il cibo proviene.
Il cibo è uno strumento di pace, di democrazia, uno strumento per diminuire le diseguaglianze tra popoli, per eliminare i conflitti che proprio nel cibo vedono annidarsi nuove strategie di guerra. E’ il “cibo sovrano” di cui parla Maurizio Martina, ex Ministro per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, nel suo libro sul quale ci confronteremo domani martedì 27 Ottobre alle ore 17.00 sulle piattaforme social del Future Food Institute, insieme ad Antonio Parenti, Capo della Rappresentanza della Commissione Europea in Italia e al Ministro per l’Ambiente, Sergio Costa in un confronto aperto con gli studenti delle Romanae Disputationes guidato dal Prof. Marco Ferrari e dalla Prof.ssa Francesca Giglio.
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E’ il cibo al centro degli equilibri geopolitici internazionali. E’ il cibo al centro dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 e ancora è il cibo al centro della sopravvivenza dell’umanità in un futuro sempre più vicino, in cui capire come nutrire in modo sostenibile una popolazione mondiale crescente, sapendo che l’attuale modello è disfunzionale ed è stato reso ancora più fragile dall’attuale pandemia e non solo per la difficoltà del reperimento della manodopera, ma anche perché il Covid ha reso visibili le iniquità della filiera e i percorsi pieni di paradossi per raggiungere le nostre tavole, per altro facendo incrementare ulteriormente le persone a rischio accesso al cibo di ben 132 milioni solo quest’anno, a causa della recessione economica.
E’ il cibo l’elemento più delicato che unisce i popoli nella loro diversità culturale e antropologica, legata alle ritualità di consumo e fruizione. E’ volano di sviluppo ed è così centrale per la pace che questo è anche l’anno in cui il Premio Nobel per la Pace è stato conferito al World Food Programme. E ancora è questo l’anno in cui si celebrano i 10 anni del riconoscimento della Dieta Mediterranea come patrimonio immateriale Unesco.
E’ questa l’era del cibo, come mai si era verificato fino ad oggi.
Di cibo e di sistemi agroalimentari, abbiamo parlato il 16 Ottobre, Giornata Mondiale per l’Alimentazione, nel corso di una maratona durata 24 ore, che ha riunito le “Voices of Food Systems” intorno al mondo, partendo dalle Fiji e finendo in Canada, passando da Australia, Cina, Giappone, India, Indonesia, Emirati Arabi, Europa, Africa, Sud e Nord America. L’abbiamo organizzata in collaborazione con il UN Food Systems Summit che nel 2021 consacrerà il cibo come elemento centrale della vita dell’uomo sul Pianeta.
Abbiamo così coinvolto più di 100 speakers da tutto il Mondo, generando conversazioni di grande valore intorno al tema. Le conversazioni sono necessarie, ma non sono sufficienti. Lo sappiamo bene. Quello che serve è uno sviluppo integrale ed un approccio olistico di tutti gli ambiti e gli impatti generati dal cibo.
Per questo, il Future Food Institute è impegnato, al fianco delle Nazioni Unite, nella costruzione di una community globale consapevole dei paradossi presenti oggi nei sistemi agroalimentari e soprattutto delle tante soluzioni innovative in grado di “aggiustarne” le disfunzionalità. Tutto parte dalla diffusione della consapevolezza e della conoscenza, fino alla formazione di “climate shapers“, agenti di cambiamento capaci di innescare progetti rigenerativi destinati a guidate la transizione green delle città e delle aree iper urbanizzate, delle aree interne, rurali, degli oceani e delle nostre cucine, vissute come “fab lab” dove cominciare un cambiamento è necessario. Si tratta di un programma di formazione innovativo realizzato nell’ambito del programma “Future Food for Climate Change” congiuntamente con la FAO.
Siamo consapevoli che questo importante lavoro sia necessario e che debba coinvolgere la comunità internazionale, ma anche singolarmente i singoli Paesi.
Italia ed Europa, in particolare, sono impegnati in queste ore sulla Politica Agricola Comune e sulle strategie “From Farm to Fork” legata a doppia mandata al Green New Deal. Digitalizzazione e sostenibilità sono le parole chiave di questa regolamentazione che è destinata a ridisegnare le politiche degli Stati Membri e le vite degli agricoltori e di tutti gli operatori della filiera, in un processo di trasformazione ancora troppo lento ma inesorabile. Oggi sappiamo che almeno il 20% della dotazione nazionale degli aiuti diretti sarà dedicata a incentivi per pratiche agronomiche verdi e che il 30% delle risorse (incluso il cofinanziamento nazionale e regionale) andrà ad azioni per il clima e biodiversità. Si tratta di segnali chiari sebbene per alcune Associazioni, come Greenpeace, ancora non sufficienti ad affrontare la crisi in corso. Il dibattito si è infuocato anche in relazione agli allevamenti intensivi, poiché sono state rigettate le proposte della Commissione ambiente del Parlamento Europeo relative al taglio dei sussidi per tali allevamenti, così come la richiesta di incremento dei finanziamenti per le misure ambientali.
I giovani, da Greta Thunberg ai Fridays for Future, hanno duramente attaccato i provvedimenti perché troppo blandi rispetto alla crisi climatica attuale. I giovani sono la nostra coscienza e la nostra legacy ed è un bene che presidino come sentinelle l’operato delle Istituzioni.
La PAC avrebbe potuto essere più incisiva, nell’attuale era del cibo? Probabilmente sì, eppure non si può non rilevare che grandi passi in avanti sono stati fatti e che per come è strutturato il processo concertativo comunitario. La PAC infatti, è evoluta negli anni: si è passati infatti ad un’attenzione puramente concentrata sul garantire fabbisogno alimentare agli inizi degli anni Sessanta, al sostegno del reddito degli agricoltori negli anni Ottanta, la diversificazione dell’attività agricola e la promozione di prodotti di qualità negli anni Novanta, dal 2010 in poi ci si concentra su i prodotti di qualità e la tutela ambientale. Tali passi sono da guardare con fiducia e possono (e devono) certamente essere accelerati anche da:
– scelte dei consumatori sempre più consapevoli,
– un doveroso ripensamento e rafforzamento delle filiere che comunque sta caratterizzando l’attuale era del cibo;
– programmi formativi che a tutti i livelli, dalla scuola all’impresa, accompagnino la società in quel cambio di mindset necessario per trasformare il lamento in azione e la protesta in proposta.
Noi stiamo facendo la nostra parte e intendiamo continuare a supportare le organizzazioni virtuose, le piattaforme e i network che alimentano l’ecosistema e facilitano il dialogo multigenerazionale e multiculturale, accanto alle Agenzie delle Nazioni Unite e a chi opera nella filiera agroalimentare, dal campo alla tavola. Questa complessità, non può essere banalizzata con semplici slogan, ma necessita un approccio che parta dal l’ecologia integrale, per scatenare il cambiamento sociale, culturale e ambientale necessario.
L’era del cibo è appena cominciata.