Dove cooperazione, dialogo ed innovazione diventano gli ingredienti fondamentali per cortuire un futuro più prospero e sostenibile.
“Soltanto la via della collaborazione e del dialogo permette di superare i contrasti e di promuovere il mutuo interesse nella comunità internazionale”
Oggi celebro la festa della Repubblica Italiana ascoltando le parole del nostro Presidente Sergio Mattarella, e comincio qui per raccontarvi un viaggio partito dal Giappone con il G20 della Young Entrepreneurs Alliance, passato per Exco2019 (la prima fiera mondiale della cooperazione internazionale) ed approdato a Bologna per ascoltare le parole di Amartya Sen.
Maggio 2019 – Il G20 della Young Entrepreneurs Alliance a Fukuoka (Giappone), a cui ho preso parte assieme alla delegazione dei Giovani Imprenditori di Confindustria guidata dal Presidente Nicola Altobelli e dalla Sherpa Francesca Morandi, rappresentanza di un’Italia di cui andare orgogliosi, ha inaugurato una settimana, interamente dedicata alla Società 5.0. Un’esperienza che ogni anno è fonte per me di grande insegnamenti e mi fornisce nuove chiavi di lettura per comprendere in profondità, il ruolo cruciale dell’innovazione (per quanto mi riguarda) partendo al sistema agroalimentare mondiale come strumento chiave per cooperazione internazionale allo sviluppo.
La settimana è partita dal Giappone, è approdata quindi a Roma, con l’opening della prima fiera internazionale sulla cooperazione, Exco 2019, e si è conclusa con i pensieri del Premio Nobel Amartya Sen, che ha incontrato gli under 35 in occasione dei 20 anni di Banca Etica in “Scuderia” il Living Lab del Future Food Institute, nel cuore pulsante dell’Università di Bologna, per lasciar sedimentare le ispirazioni, analizzarle e renderle azioni pronte a creare impatto.
In Giappone, infatti, il concetto centrale del Summit è stato Society 5.0, basato sull’idea che la società umana sta entrando ora in una quinta fase. Dopo la Società della Caccia, la Società Agraria, la Società Industriale e la Società dell’Informazione, la quinta fase sarà una Società dell’Immaginazione, in cui una combinazione di trasformazione digitale e resilienza, combinate con l’immaginazione, la creatività e la diversità degli esseri umani permetteranno di trovare soluzioni alle grandi sfide della società, come le questioni ambientali, e di creare prosperità per tutti.
Nel mondo della Imagination Society, noi imprenditori e “changemakers” stiamo costruendo il futuro utilizzando il potenziale della trasformazione digitale non solo per la crescita economica, ma anche per la soluzione dei problemi sociali e la coesistenza con la natura, unico approccio possibile per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (SDGs).
La società 5.0 sta già portando profondi cambiamenti negli stili di vita delle persone e nell’industria.
Questo concetto è emerso anche a Roma, nel corso della prima edizione della fiera internazionale sulla cooperazione allo sviluppo Exco 2019, dove si sono riuniti i più importanti attori del settore: Nazioni Unite, FAO, IFAD, Fondazioni, policy e decision makers, scienziati e imprese, che in 3 giorni hanno lavorato sul tema, scambiandosi conoscenza, contatti e contenuti. In questa edizione, infatti, è emersa una tendenza nuova legata a nuovi paradigmi della condivisione per lo sviluppo del sistema globale, soprattutto delle aree considerate deboli. Una nuova tendenza legata soprattutto all’innovazione e al digitale, come strumento abilitante delle comunità in grado di accelerare non solo crescita economica, ma i livelli di sviluppo anche dal punto di vista della nutrizione, sanità, istruzione, sicurezza, diritti umani, impegno sulla crisi climatica per migliorare qualità e condizioni di vita.
E’ quanto emerso ad esempio nel corso di 2 importanti contenuti di Exco: l’International Award di UNIDO ITPO Italy e Future Food Institute e HACK for SDGs, la maratona di innovazione realizzata da FAO, Future Food Institute e Fondazione PRIMA, a cui hanno partecipato circa 100 innovatori, suggerendo progetti concreti per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile previsti dall’Agenda 2030, a partire dall’innovazione applicata al settore agroalimentare, che tanto trasversale è rispetto a tutti i 17 obiettivi.
Rispettivamente 440 e 90 progetti di innovazione da oltre 100 Paesi, che hanno raccontato la Società 5.0., abilitata soprattutto nel settore agroalimentare, cioè il settore chiave per gli SDGs e la cooperazione allo sviluppo.
Infatti l’Obiettivo 1, No Poverty, riguarda certamente chi vive prevalentemente in aree rurali, cioè quel. 80% della popolazione considerata povera. L’Obiettivo 2, Zero Hunger, riguarda gli 800 milioni di individui malnutriti. L’Obiettivo 3, Good Health and Well Being, riguarda le 4 miliardi di persone affette da malattie che derivano proprio dal cibo. L’Obiettivo 4, Education, è legato a quel bambino su 4 al di sotto dei 5 anni che soffre di malnutrizione e al quale dovrebbe essere anche garantita una formazione di diritto. L’Obiettivo 5 riguarda quel 43% della forza lavoro in agricoltura composta da donne, che non ha accesso equo ad acqua, infrastrutture, cibo sicuro. L’Obiettivo 6, Clean water and sanitation, è ovviamente legato all’agricoltura essendo il 70% di acqua dolce impiegata nel settore. Lo stesso vale per l’Obiettivo 7, Energia, poiché il 30% dell’energia mondiale disponibile è consumata dal settore agroalimentare e prevalentemente dipende ancora da fonti fossili. Per raggiungere l’Obiettivo 8, Lavoro e crescita economica, bisogna occuparsi di agricoltura, cioè del primo settore al mondo per impiegati, di cui — a proposito di cooperazione internazionale — il 60% è proprio nei Paesi in Via di Sviluppo. Sulle infrastrutture e innovazione, cioè sull’Obiettivo 9, sappiamo che 900 milioni di persone che vivono in aree rurali non hanno accesso neanche all’elettricità, per non parlare appunto di quanto le soluzioni innovative in agricoltura risolverebbero (e in parte stanno risolvendo) i problemi di food safety, food security e le sfide nutrizionali che stiamo affrontando in un mondo che entro il 2050 potrebbe essere popolato da circa 10 miliardi di persone. Per raggiungere l’Obiettivo 10, di nuovo è necessario occuparsi di agricoltura, considerando che 7 persone su 10 che vivono in Paesi dove aumentano le ineguaglianze, non hanno accesso al cibo sano e salubre. L’Obiettivo 11 sulle città sostenibili necessita una riflessione su un dato: entro il 2030 il 70% della popolazione mondiale vivrà in aree urbane e che pertanto si dovranno trovare innanzitutto soluzioni per nutrirle in modo sostenibile. E ancora parlando di consumi responsabili e quindi dell’Obiettivo 12, parliamo soprattutto di quei consumi che riguardano il cibo, in un mondo dove 1/3 del cibo prodotto è sprecato ed è responsabile di oltre 3 miliardi di tonnellate di gas serra. L’Obiettivo 13, Climate Action, che dovremmo ridefinire “climate crisis” come Greta Thunberg, recentemente ascoltata dal Guardian, chiede. Come può essere raggiunto se non si parte dal cibo? I food systems sono, infatti, responsabili del 30% di emissioni di gas serra e sono la prima vittima del cambiamento climatico. La vita sotto il mare, Obiettivo 14, è fortemente legata al cibo, e non solo perché ormai stiamo assumendo quelle micro plastiche tossiche che noi stessi gettiamo negli oceani e nei mari, ma perché i pesci hanno il 17% delle proteine che assumiamo ma oltre il 30% è già ampiamente inquinato. L’Obiettivo 15, life and land, di nuovo parla di agricoltura che la prima causa di deforestazione, responsabile della perdita di 30 milioni di ettari. Obiettivo 16, pace e giustizia, di nuovo passa dal cibo, la cui insicurezza è forte causa di conflitti, per non parlare di quelli legati alle questioni dei migranti e rifugiati climatici (parliamo di 147 milioni di persone entro il 2050). Infine, le partnership, cioè l’Obiettivo 17, si riferiscono agli accordi anche per trasformare i sistemi agroalimentari, il cui cambiamento vale più circa 2 miliardi e mezzo di dollari all’anno.
La Società 5.0. quindi prevede un concetto necessario di cooperazione allo sviluppo, che passa prima di tutto dai bisogni primari, la vita, la nutrizione degli popoli e quindi dall’innovazione in agricoltura.
A Exco 2019, nel corso della cerimonia del premio UNIDO ITPO Italy e Future Food Institute, il Direttore Generale delle 9 agenzie delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale dei Paesi in via di Sviluppo, Li Yong, ha detto: “non dobbiamo lasciare nessuno indietro”.
Per farlo, come abbiamo sottolineato da quello stesso palco, è necessario pensarci come Società 5.0. e ricorrere all’innovazione: “noi siamo le persone che il futuro giudicherà per le azioni che stiamo compiendo oggi. Noi siamo le persone che possono e devono portare l’innovazione nel settore agroalimentare dei Paesi in Via di Sviluppo, perché è quella la chiave della cooperazione allo sviluppo” abbiamo detto da quello stesso palco. L’innovazione, infatti, è l’unico fattore capace di ribaltare i paradigmi del “business as usual” che ci ha portato ai problemi di giustizia climatica, di crisi climatica, di crescita iniqua a cui assistiamo oggi. Anche la cooperazione allo sviluppo ha bisogno di innovazione, nei processi, nelle relazioni e nei progetti. L’innovazione è la chiave per trasformare noi stessi, le nostre organizzazioni, i nostri modelli comportamentali e relazionali nell’unico modo possibile per garantire la sopravvivenza del nostro Pianeta, mantenendo l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2 gradi Celsius rispetto ai livelli preindustriali, e proseguendo gli sforzi per limitare l’aumento della temperatura entro 1,5 gradi Celsius. E l’innovazione nel settore agroalimentare è certamente (almeno per me) la chiave più naturale per trasformare e ripristinare un rapporto sano tra uomo e natura.
Tutto questo non è solo un imperativo etico ed un dovere istituzionale, ma è anche un’opportunità di business. E’ un business necessario. Il business della Imagination Economy.
A facilitare questa riflessione, dopo Exco, approda a Bologna in Scuderia (il nostro Future Food Living Lab) l’ultima tappa di “Vènti di Futuro”, il progetto promosso per immaginare le sfide dei prossimi 20 anni di Banca Etica con il Premio Nobel Amartya Sen, che con il suoi pensieri ha saputo negli anni farci ragionare su economia, etica e diritti, compresi i diritti umani all’ambiente e al cibo, che di nuovo trovano un alleato nell’innovazione applicata dell’agribusiness. Attraverso le sue parole, abbiamo avuto la conferma che noi imprenditori non possiamo più rimandare il senso di responsabilità sociale che deve guidare il nostro mandato, facendo coincidere la crescita e lo sviluppo, con l’Agenda 2030 e essendo quei protagonisti della Humana Communitas attuale, capaci di interpretare i fabbisogni della Società 5.0., che si stanno trasformando al ritmo della rete e dell’accesso ad una tecnologia esponenziale, e sempre più intelligente, che abbiamo il dovere di conoscere, accogliere ed utilizzare nel quadro di una sostenibilità competitiva.
E’ questo concetto che renderà la classe dirigente della Società 5.0., in grado di comprendere che i singoli SDGs si legano ai più ampi pilastri dello sviluppo globale di persone, pianeta e prosperità. Questi pilastri sottolineano fortemente l’interdipendenza degli obiettivi e dei target e la necessità di una loro implementazione integrata.
Proteggere il Pianeta e mettere le persone al centro, e abilitare la prosperità è dunque l’imperativo di noi imprenditori della Società 5.0.
Siamo davvero pronti?