“’Non possiamo risolvere i problemi con lo stesso tipo di pensiero che abbiamo usato quando li abbiamo creati”. Citiamo spesso Albert Einstein nelle nostre presentazioni. Crediamo, infatti, che sia particolarmente efficace quando si parla di innovazione. Un’innovazione culturale e di mindset precede sempre quella tecnologica.
Guardare ai problemi e alle sfide del futuro con una mentalità nuova, con approcci diversi, con strumenti alternativi, può portare a trovare le soluzioni necessarie ad affrontare quelle sfide. E nel food tech, l’aspetto straordinario, è che questo approccio garantisce anche la possibilità di cogliere importanti opportunità di business.
Quali sono le grandi sfide del food tech?
La prima è: nutrire una popolazione di 10 miliardi di persone. E’ quella prevista nel 2050, stando ai dati che nel 2017 sono stati diffusi dal World Population Prospects del UN Department of Economic and Social Affairs. Nutrire questa popolazione e farlo in modo da non distruggere le risorse del Pianeta. È questa la sfida più importante del food tech.
Oggi, il nostro “business as usual” e quindi il tipo di pensiero che stiamo usando mentre creiamo un problema planetario devastante, ci sta facendo letteralmente mangiare 3 Pianeti. Significa che oggi quello che viene consumato è maggiore di quanto si riesce a rigenerare. Per continuare a condurre lo stile di vita attuale avremmo bisogno di 1,5 pianeti. Tra quarant’anni ne servirebbero appunto 3. E la notizia che sono sicura vi scioccherà è che non abbiamo 3 Pianeti. Abbiamo solo il Pianeta Terra. “There is no Planet B”. A meno che non siate Elon Musk o uno dei suoi 100mila volontari del suo progetto di vita su Marte che parte dalla premessa che: “la Terra è compromessa e lasciarla, emigrando su altri pianeti, è l’unica soluzione possibile per evitare l’estinzione”.
Qualcuno dice che addirittura che per risolvere questa sfida bisogna produrre il 60% in più. Sarebbe una follia, in termini di sostenibilità, se avvenisse utilizzando gli attuali modelli.
È per questo che la tecnologia applicata all’intera filiera agroalimentare – dalla produzione, alla trasformazione, commercializzazione, consumo, alla relazione dell’uomo con il cibo e quindi dell’uomo con il Pianeta -, può trovare strade sostenibili per nutrire una popolazione mondiale crescente.
Oggi, come raccontiamo durante i nostri momenti di dialogo con la comunità: “mangiamo ciò che inquiniamo e inquiniamo mangiando!”. L’agricoltura ed il sistema agroalimentare mondiale è sì vittima dell’inquinamento e quindi dei cambiamenti climatici, ma ne è anche carnefice, essendo un settore al quale si devono emissioni di CO2, metano, protossido di azoto ed altre sostanze nocive per l’atmosfera terrestre, che concorrono a provocare disastri ambientali, dalle alluvioni, alla siccità, alle bombe d’acqua che poi appunto distruggono i campi, con impatti sociali, economici ed ambientali senza precedenti.
Sicurezza alimentare, scarsità dell’acqua, cambiamenti climatici, sono quindi alcune delle sfide che il food tech può e deve risolvere.
I dati parlano chiaro.
Le persone malnutrite a livello mondiale sono 815 milioni. 155 milioni di bambini sotto i 5 anni sono affetti da arresto della crescita perché soffrono la fame. Vi prego di rileggere questi numeri. Perché dietro questi numeri ci sono vite di persone la cui sofferenza deriva anche dai nostri modelli nutrizionali e produttivi. E pensate che allo stesso tempo, il paradosso del sistema alimentare mondiale, vede più di 2 miliardi di persone soffrire di obesità.
Pensate che più di 1 miliardo di persone affronta ogni giorni la scarsità dell’acqua, mentre il 70% di acqua potabile viene impiegata per irrigare i campi. Per non parlare di quella sprecata per allevamenti intensivi e più in generale in agricoltura.
E ancora, entro il 2050 si stimano flussi migratori di oltre 200 milioni di persone. Sono i “climate migrants”, cioè migranti costretti a lasciare la propria terra perché distrutta dai cambiamenti climatici. Un fenomeno che ha già portato il suicidio di 60mila contadini indiani negli ultimi 30 anni. La mancanza di sicurezza alimentare concorre a creare conflitti e guerre, che quindi provocano migrazioni di rifugiati in cerca di condizioni più dignitose.
Questi scenari reali e circostanziati da dati provenienti da autorevoli fonti, possono cambiare. Abbiamo il potere di cambiarli e abbiamo la tecnologia necessaria per invertire queste tendenze.
E questa è una notizia meravigliosa.
Chi può fare che cosa e come?
Possiamo smettere di sprecare cibo (un terzo di quello prodotto, cioè più di 1,3 miliardi di tonnellate all’anno, viene sprecato e smaltirlo inquina). Oggi esistono moltissime startup e progetti innovativi e di ricerca per evitare sprechi: algoritmi applicati ai supermercati che permettono l’abbassamento automatico del prezzo dei prodotti in scadenza negli scaffali; piattaforme che mettono in relazione ristoranti e famiglie bisognose o associazioni di distribuzione del cibo; nutrizione di precisione finalizzata non solo ad incrociare il DNA e le cartelle cliniche delle persone con il cibo di cui necessitano da un punto di vista qualitativo, ma anche quantitativo; piattaforme che fanno interagire rapidamente i commercianti dei mercati per evitare di sprecare cibo; progetti di economia circolare per cui lo spreco diventa una risorsa, anche di altri processi, come la creazione di packaging; internet delle cose applicato al mondo del cibo, per cui anche gli elettrodomestici possono avvisarci quando il cibo sta per scadere o anche quanto cibo sprechiamo e come evitare di farlo in futuro, a partire dalle nostre reali abitudini di acquisto.
Possiamo dar potere agli oltre 500 milioni di contadini che vivono con meno di 2 dollari al giorno, nonostante siano i custodi della Terra: secondo la FAO il 70% della produzione mondiale di cibo e prodotta da piccole aziende agricole e il 95% della popolazione rurale vive in Africa ed in Asia. A loro è possibile dare più potere anche attraverso informazioni e trasparenza derivanti dai big data che si producono in agricoltura e che spesso non vengono gestiti in maniera adeguata, affidandosi invece a metodi tradizionali che implicano un enorme spreco di risorse, quando esistono metodi di agricoltura di precisione capaci di ottimizzare le risorse.
Possiamo proteggere la biodiversità, messa a rischio oggi da agricolture intensive. Possiamo smettere di estrarre risorse scarse e iniziare ad usare anche in agricoltura fonti energetiche alternative, cercando di azzerare le emissioni nocive. Possiamo cominciare ad esplorare le 300.000 specie di piante edibili, tra le quali ci nutriamo solo di 150. Oggi infatti il 75% del cibo è generato solo da 12 piante e 5 specie animali, che continuiamo a sovra-stressare.
Possiamo cominciare a pensare a Smart Cities con Food Policies davvero sostenibili, atteso che il 70% della popolazione mondiale vivrà entro il 2050 in aree urbane e che l’età di chi invece vive in aree rurali sta pericolosamente aumentando, senza alcun cambio generazionale. Progetti di misurazione della food identity delle città in grado di fornire soluzioni innovative che rispettino l’identità culturale legata al cibo di ogni territorio e che permettano, su quella base, di nutrire le popolazioni crescenti ad esempio con il vertical farming, soluzioni idroponiche, aeroponiche, di acquaponica che permettono di produrre cibo senza terra e quindi senza pesticidi o altri elementi inquinanti e farlo in modo mirato rispetto al fabbisogno.
Queste sono solo alcune delle tecnologie per alcuni dei gap e paradossi dell’agricoltura.
E’ da queste premesse e per queste ragioni che abbiamo integrato il lavoro del Future Food Institute con quello del Climate Reality Project di Al Gore, creando il progetto: Future Food for Climate Change, di cui tutti potete far parte, e soprattutto chi è impegnato nell’ambito del food o food tech.
Il progetto, coordinato da Claudia Laricchia – head of institutional relations and global strategic partnerships del Future Food Institute e Climate Leader per l’Italia -, conta sul supporto del Climate Reality Project di Canada, India ed Europa. Oltre 50 Climate Leaders da questi Paesi stanno incontrando la delegazione del Future Food Institute, impegnata nella Food Innovation Global Mission #FIGM18 che dal 12 maggio e fino al 12 luglio sta realizzando il più grande giro del Mondo nella tecnologia applicata al settore agroalimentare: 60 giorni, 12 città di 10 Paesi, una delegazione di 16 ricercatrici e ricercatori provenienti da 10 nazionalità diverse. Europa, America, Canada, Giappone, Cina, Hong Kong, Thailandia, India e 40mila chilometri di cammino verso il futuro.
E’ da questo viaggio che abbiamo deciso di condividere queste riflessioni con voi. Mentre Sara è appena sbarcata da San Francisco per festeggiare i 60 anni di ANGA, Giovani di Confagricoltura e pronta a ripartire per l’Asia e Claudia è ancora a Tokyo, pronta a partire per Bangkok.
Crediamo, infatti, che l’Italia possa essere orgogliosa di questo progetto ambizioso e ci auguriamo che chiunque riesca a sentirlo suo e a farne parte, ed in particolare:
- le Università e centri di ricerca, essendo la food innovation una questione di scienza. Ed è per questo che abbiamo collaborazioni con l’Institute for the Future di Palo Alto, con il DISBA CNR (Dipartimento di Scienze Bio-agroalimentari del Consiglio Nazionale delle Ricerche), INAF (Istituto Nazionale del Canada per l’Alimentazione Funzionale) e Università del Laval (Canada), Stanford University e UC Davis (California), Wageningen (Olanda), PolyU (Hong Kong) solo per citarne alcune. Pensate che il 25 maggio abbiamo realizzato un Hackathon sugli sprechi alimentari al Mercato Nomentano di Roma del circuito dei Mercati d’Autore, insieme al CREA, “hackerando” metodi e appunto “business as usual” grazie al coraggio e alla voglia di sperimentare di alcuni ricercatori del CREA, Laura Rossi in primis.
- Le Istituzioni e i Governi, perché la food innovation è una questione politica. E’ per questo che durante la Food Innovation Global Mission abbiamo preparato e stiamo realizzando 13 agende istituzionali che vedono il Future Food Institute confrontarsi con le Nazioni Unite (grazie a UNIDO ITPO Italy, l’unica agenzia al Mondo ad aver lanciato un premio per le tecnologie nell’agribusiness, per la cui terza edizione il Future Food Institute è partner), il Parlamento Europeo (grazie all’on. Paolo De Castro e al suo straordinario team), la Farnesina (grazie al Ministro Giovanni Umberto De Vito), gli Ambasciatori Italiani all’estero (un grazie speciale all’Ambasciatore Italiano in Spagna, Stefano Sannino; all’Ambasciatore Italiano in Germania, Pietro Benassi; all’Ambasciatore Italiano in Giappone, Giorgio Starace); e ancora Ministri di Governi esteri, di alcuni dei 10 Paesi che stiamo visitando; Sindaci; Cluster produttivi, scientifici e tecnologici e Associazioni di categoria.
- Le aziende e le startup, perché la food innovation è una leva di competitività sui mercati nazionali ed esteri ed è anche un business che vale più di 6 miliardi di dollari.
- I Climate Leaders per le correlazioni tra future food e climate change.
- I giornalisti, i blogger, gli influencer, perché aiutano ad incrementare i livelli di consapevolezza delle persone, in relazione all’impatto dei loro comportamenti nutrizionali e dei loro acquisti di cibo, sulla società, sull’economia, sull’ambiente.
- I digital advocates.
Su quest’ultimo punto: crediamo che i social network siano uno strumento molto potente per generare conversazioni di qualità e che possano aiutare la disintermediazione con esperti mondiali capaci di rispondere a domande sui temi più caldi della food innovation. Che è quello che diamo l’opportunità di fare, attraverso piattaforme digitali professionali.
I temi delle digital conversations sono principalmente 4, cioè quelli che stiamo studiando ed approfondendo dal punto di vista del business e della ricerca, durante la Food Innovation Global Mission:
- futuro delle proteine
- sostenibilità ed economia circolare
- agro-innovation in smart cities
- food care e futuro dei food service.
Gli esperti sono i 16 ricercatori che stanno viaggiando con il Future Food Institute e che frequentano il nostro Master di II livello, ossia il “Food Innovation Program”, che si svolge annualmente in Emilia Romagna, in collaborazione con UNIMORE, Università di Modena e Reggio Emilia e l’Institute for the Future di Palo Alto, California. A loro si aggiungono i nostri Ambassador e il testimonial della campagna, Marc Buckley: CEO e co-fondatore di ANJA GmbH & Co. KG, un’azienda agroalimentare e di produzione di bevande salutari completamente sostenibile che invece di consumare energia, la crea. Non produce emissioni di gas serra e non spreca. Marc è Professore dell’Accademia Green Brand e collabora anche con il MIT. E’ coordinatore del Climate Reality Project per Austria e Germania. E’ un attivista, un imprenditore, uno scienziato e Ambassador del Future Food Institute.
Gli advocates, cioè potenzialmente ciascuno di voi, sono ambasciatori e portatori dei messaggi e dei valori della campagna social. Persone sensibili ai temi dell’ambiente e consapevoli che per risolverli si debba partire dal sistema agricolo e agroalimentare.
Per diventare advocate basta compilare questo form: https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSccbY1EQcASqSVv-JTKxMBbtW7DR3TkYzAjQFC594Me7oW-mQ/viewform
Gli advocates postano, condividono, ricevono un vademecum con tutti gli account da taggare, cioè delle persone e delle organizzazioni coinvolte, nonché con immagini, pur essendo liberi di postare messaggi personalizzati, e partecipano ai Digital Meetup, cioè agli appuntamenti sui social che permettono di fare domande e dare risposte sui temi sopra citati. La piattaforma che stiamo usando a questo scopo è Qiark.
L’hashtag della campagna è #FF4CC cioè Future Food for Climate Change.
Si può partecipare come segue:
- Futuro delle proteine: https://www.qiask.com/index.php?Q=JYF2E2
- Sostenibilità ed economia circolare: https://www.qiask.com/index.php?Q=PR4TMN
- Agro-Innovation in Smart Cities: https://www.qiask.com/index.php?Q=KFMXM9
- Food care e futuro dei food service: https://www.qiask.com/index.php?Q=DMPLMB
Abbiamo scelto di organizzare i Digital Meetup da luoghi ed eventi simbolici:
- lo abbiamo fatto dall’Hackathon del CREA nei mercati romani. Un trionfo, anche grazie ai Social Reporters e a Dot Academy.
- Il secondo Digital Meetup è stato realizzato da Parigi, e in particolare da FoodNexus, l’evento a cui il Future Food Institute è stato invitato come caso studio a livello mondiale sulla food innovation.
- Il terzo è stato realizzato da Taranto in occasione della sottoscrizione dell’accordo di gemellaggio tra il Comune di Taranto e quello di Pittsburgh, buona prassi sulla transizione dall’economia dell’acciaio a quella verde. L’accordo è stato sottoscritto alla presenza della coordinatrice italiana del Climate Reality Project, Paola Fiore. L’incontro è stato possibile proprio grazie ad una nostra climate action, avendo incontrato Bill Peduto, il Sindaco di Pittsburgh, in occasione del training con Al Gore negli Stati Uniti.
I prossimi appuntamenti li trovate qui: http://foodinnovationprogram.org/events/.
Partecipate attivamente per sperimentare la potenza di questo progetto che ci vede fare un radicale cambiamento di mentalità, proprio come diceva Einstein. Cioè ribaltare il “ME”, facendolo diventare “WE”. Ci aiuta a sentirci non più singoli individui impotenti, ma umanità capace di lottare e lavorare insieme per lasciare un Pianeta alle future generazioni, un po’ migliore di come lo abbiamo trovato.
E questo non è solo un dovere morale. E’ anche un’occasione di business senza precedenti.
Articolo scritto da Sara Roversi, founder del Future Food Institute e Claudia Laricchia (@ClaudiaLarix), Head of Institutional Relations and Global Strategic Partnership del Future Food Institute e Climate Leader del Climate Reality Project di Al Gore.