Dieci anni dopo la pubblicazione di Laudato Si’, l’enciclica rivoluzionaria di Papa Francesco, una lettera d’amore alla nostra casa comune e, insieme, un potente grido alla responsabilità, ci siamo ritrovati a Castel Gandolfo, la storica residenza estiva dei Papi.
Un luogo che oggi si trasforma: da simbolo di contemplazione a laboratorio vivo, dove spiritualità, scienza e politica si incontrano per accelerare quella conversione ecologica di cui il mondo ha un disperato bisogno.
Un incontro reso possibile grazie alla visione e alla generosità di Marcello Palazzi e della sua straordinaria comunità di For Good Leaders, che hanno saputo creare uno spazio vero, libero, autentico, fertile, per pensare, sentire, riflettere e immaginare insieme.
Non una conferenza, ma un invito all’introspezione collettiva, alla ricerca di nuove bussole morali per orientare l’azione.
Per alcuni di noi, questa tre giorni è cominciata con un gesto simbolico e potente: Ingmar Rentzhog, fondatore di We Don’t Have Time, ha riunito alcuni di noi attorno ad una tavola, aperendo i lavori con un appello lucido e necessario:
“Make Science Great Again.”
Un messaggio forte. Chiaro. Senza filtri.
Perché se vogliamo che il futuro esista, la scienza deve tornare a guidare, e noi dobbiamo seguirla con mente aperta, cuore curioso e coraggio politico.
Intorno a me, una bella umanità: amici, mentori, pensatori critici, sognatori radicali e tanti instancabili doers.
Guerrieri appassionati nella lotta per la giustizia sociale e la rigenerazione.
Amanti della Terra, tessitori di legami, complici.
Mi piace chiamarli “alchimisti sociali”: agenti del cambiamento, costruttori di ponti, creatori di ecosistemi di bene.
Il titolo della reunion? RAISING HOPE.
Non ottimismo. Non positività da slogan.
Speranza vera. Quella che richiede coraggio.
Quella che Dr. Katrin Gülden Le Maire ci ha spinto a esplorare in profondità.
Non la speranza superficiale delle frasi fatte, ma la speranza attiva di cui parla Ernst Bloch.
Non un’illusione: un motore. Una provocazione. Un impegno. Una scelta.
“La speranza… è nell’attesa, ma non è mai passiva.
La speranza chiede le tue mani, il tuo cuore, le tue scelte.”
— Ernst Bloch (e ora, anche noi)
Oggi, mentre ci avviciniamo a COP30, con guerre atroci in corso, istituzioni che vacillano e crisi climatiche che superano i punti di non ritorno, scegliamo comunque la speranza.
Quella che ha bisogno di coraggio.
Come ha ricordato Arnold Schwarzenegger, con tutta la sua forza e il suo carisma:
“Il coraggio non è assenza di paura. È agire nonostante la paura.”
“Il momento è adesso. Il mondo ha bisogno di scelte coraggiose.”
Sì, serve coraggio. E servono leader.
In questo tempo storico, in cui la leadership morale scarseggia, la violenza esplode, la cattiveria si accanisce sui più fragili e il greenwashing dilaga, mi mancano profondamente la spiritualità e l’umanità disarmante di Papa Francesco: la sua tenerezza, la sua empatia, la sua profondità. il suo fuoco, la sua capacità di trattare il mondo, con tutto il suo dolore e la sua bellezza, come un bambino fragile e un miracolo sacro allo stesso tempo.
Un tipo di leadership che oggi scarseggia più che mai.
Però in questa nuova era, c’è Papa Leone XIV che con la chiarezza di uno stratega e l’autorevolezza calma di chi conosce e misura il peso del mondo, non ci ha chiesto di “ammirare” il cambiamento: ci ha chiesto di diventarlo, andando oltre poesia e policy di alto livello, incarnando l’azione.
“Non possiamo continuare a parlare di ecologia vivendo come se la Terra fosse una risorsa da spremere. Dobbiamo convertirci. Non solo nelle abitudini. Ma nel cuore.”
— Papa Leone XIV (Fonte: NCR Online)
Ci ha ricordato che la conversione ecologica deve essere spirituale, culturale, politica, economica — sì — ma soprattutto umana.
Abbiamo camminato nei giardini papali, 70 ettari di memoria e profezia.
Un simbolo potente: crepe nei muri della tradizione da cui filtra il sole.
Abbiamo ascoltato Marina Silva dire verità scomode al potere.
E a proposito di COP30 (Belém): la ministra brasiliana ha richiamato il legame tra Laudato Si’ e l’Accordo di Parigi, denunciando la distanza tra impegni e realtà: ogni anno tra 4 e 6 trilioni di dollari continuano a fluire verso i combustibili fossili, mentre il fondo da 100 miliardi promesso ai Paesi in via di sviluppo resta incompiuto.
Serve una transizione equa e definitiva dai fossili, e soprattutto determinazione etica per onorare gli impegni.
Infine, il suo invito a Papa Leone XIV a partecipare alla prossima conferenza:
“Sono convinta che la sua presenza renderà la COP30 la COP dell’attuazione, la COP della speranza: quella che saprà coltivare e preservare tutte le forme di vita che arricchiscono il giardino della Creazione, per le generazioni presenti e future.”
Abbiamo immaginato che la giustizia climatica diventasse realtà.
Ci siamo messi in discussione per vivere davvero ciò che predichiamo.
E poi, gli after hours, ospitati da Charlie MacGregor a The Social Hub:
ci siamo ritrovati off-the-record, fuori copione, a continuare conversazioni vere e riflessioni senza troppi filtri.
Non era networking. Era appartenenza. Momenti in cui non ti senti un semplice partecipante, ma diventi comunità. Un esercito di bene.
HOPE — Ancora, speranza.
La speranza, come il futuro, non è garantita.
Va coltivata. Reimmaginata. Protetta. Alimentata.
Nel mio lavoro, nella mia anima, nel DNA della nostra Fondazione, mi confronto ogni giorno con visioni del futuro.
Utopie che sembrano dolorosamente lontane.
Distopie che si avvicinano in modo inquietante alla realtà.
Ma oggi scelgo una terza via: una Protopia.
Un futuro non perfetto, non finito, ma possibile.
Costruito giorno dopo giorno, scelta dopo scelta, guidato da speranza e responsabilità.
Un futuro animato dalla speranza, mosso dalla giustizia,
nutrito da sistemi alimentari che rigenerano, non depredano,
governato da comunità che si prendono cura, non solo consumano,
orientato dalla bussola dell’Ecologia Integrale.
Connetto puntini e geografie
Pensieri e alleanze che nutrono la nostra idea di Terra Futura
Penso a Paolo Venturi e ai suoi studi sull’economia civile e sull’impatto generativo: la necessità di misurare non solo il “quanto”, ma il come. Servono KPI dell’anima, capaci di catturare la qualità, la profondità e la tenacia delle relazioni.
Una “cohesion as strategy” che trasforma la fiducia in motore di prosperità condivisa.
Penso a Michael Pearson e al suo lavoro su climate security e prosperità territoriale: la sicurezza non può più prescindere dalla resilienza ecologica e sociale.
La giustizia climatica diventa asse di politiche pubbliche e pianificazione, dalle città all’Artico fino ai nostri borghi mediterranei.
Penso a Hunter Lovins, pioniera del Natural Capitalism, e ai suoi quattro pilastri:
la produttività radicale delle risorse, l’eco-design, l’economia del servizio e della relazione, il reinvestimento nel capitale naturale. Un’economia che cresce in qualità, non in estrazione.
Penso a Kim Polman, alla Golden Rule e ai principi della Life Economy:
rimettere al centro reciprocità, cura e lungo periodo come fondamento etico e operativo di ogni decisione pubblica e privata.
Penso a Otti Vogt e alla sua visione di finanza rigenerativa, che rimette la coscienza e il servizio al centro del capitale.
Una finanza che non fa soldi dal mondo, ma fa mondo con i soldi.
Che trasforma il capitale in cura, in responsabilità condivisa, in energia per il bene comune.
E penso a Pollica, al Paideia Campus, e a tutte le aree marginali ad alto potenziale, oggi dormienti ma pulsanti di vita possibile.
Luoghi dove la rigenerazione non è utopia, ma pratica quotidiana: dove la fiducia si sporca di realtà e diventa leva di coesione e prosperità civile. Dove si vuole sperimentare una nuova economia territoriale che parte dalle persone e ritorna alla terra.
La scorsa settimana a New York, questa visione ha trovato eco e riconoscimento.
Il Future Food Institute ha ricevuto il Global Trust Builder Award ai BEAM Awards 2025, nell’ambito della Climate Week NYC,
un premio che celebra chi costruisce fiducia, promuove giustizia climatica e genera cambiamento globale.
Nella categoria Global Impact, dedicata alle “comunità del cambiamento” (ecosystem-shifting movements from around the world),
il riconoscimento è stato assegnato al Future Food Institute e al suo Paideia Campus di Pollica,
per l’impegno nel “coltivare fiducia attraverso la valorizzazione dei patrimoni viventi, la cultura, la decrescita e il coinvolgimento delle comunità e dei territori.”
Dal Cilento al mondo, questo premio non è una medaglia, ma un testimone.
Un segno che la fiducia è la vera infrastruttura del futuro, il ponte invisibile che unisce saperi, luoghi, persone e politiche.
Una fiducia che non si compra, ma si coltiva.
Che cresce nella relazione. Che germoglia dove c’è coraggio di restare e di ricominciare.
Questa è la nostra Terra Futura.
Raising Hope è anche questo: unire geografie, persone e paradigmi per far fiorire la fiducia, ovunque la Terra chiami futuro.