Viviamo in un’epoca senza precedenti, segnata da crisi climatiche sempre più gravi, disuguaglianze sociali ed economiche in crescita, instabilità geopolitica e una profonda perdita di fiducia nelle istituzioni. Le sfide che affrontiamo non sono più isolate, ma si intrecciano, amplificandosi a vicenda in una complessa rete di poli-crisi. In questo scenario, il rischio maggiore è quello di rassegnarci all’impotenza o alla frammentazione delle risposte.
E allora, quali modelli e valori possono guidarci verso un mondo più equo, sostenibile e resiliente?
Il 2025, proclamato dall’ONU “Anno Internazionale delle Cooperative”, ci offre una risposta potente: la cooperazione. Un riconoscimento che pone il modello cooperativo al centro delle strategie globali per affrontare le grandi sfide del nostro tempo, riaffermando la mutualità come strumento per costruire un futuro migliore.
La forza della cooperazione
Il movimento cooperativo mondiale è oggi un gigante silenzioso, ma fondamentale per l’economia globale.
- 3 milioni di cooperative operano in tutto il mondo, coinvolgendo oltre 1 miliardo di soci: il 12-14% della popolazione globale.
- Le cooperative danno lavoro a 280 milioni di persone, pari al 10% dell’occupazione mondiale.
- Le 300 più grandi cooperative generano un fatturato aggregato superiore a 2.400 miliardi di dollari.
Il modello cooperativo è presente in ogni continente e settore: in Africa e India è motore di sviluppo rurale e inclusione finanziaria; nel Nord Europa e in Canada è pilastro di welfare, innovazione sociale e produzione energetica; in Italia rappresenta circa l’8% del PIL, con una leadership riconosciuta nella filiera agroalimentare, nei servizi e nella rigenerazione territoriale
La resilienza delle cooperative è comprovata: durante le crisi globali – dalla pandemia alle tensioni geopolitiche – le cooperative hanno saputo salvaguardare occupazione, attivare risorse e garantire continuità produttiva, dimostrando una capacità di adattamento superiore rispetto alle imprese tradizionali.
Questi dati confermano che la cooperazione non è solo un’alternativa: è una soluzione concreta e sostenibile, capace di generare valore economico, sociale e ambientale in modo integrato.
La cooperazione come leva di cambiamento
Il modello cooperativo è oggi riconosciuto a livello internazionale come pilastro per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030. Le cooperative sono argine alle disuguaglianze e abilitatrici di giustizia sociale: promuovono pari opportunità, governance partecipativa, inclusione di giovani e donne, sviluppo di filiere locali e innovazione sociale.
Il loro impatto si misura su più fronti: creano occupazione di qualità, stimolano lo sviluppo territoriale, favoriscono la transizione ecologica e la rigenerazione dei sistemi produttivi6.
Le istituzioni internazionali – dall’ONU alla Commissione Europea – riconoscono sempre più il ruolo delle cooperative come attori chiave per la prosperità, la coesione sociale e la trasformazione industriale dell’Europa e del mondo.
Non è solo una questione di numeri, ma di visione: le cooperative incarnano un modello di sviluppo integrale, capace di mettere al centro le persone, la comunità e il pianeta.
Collaborazione, cooperazione, co-opetition: tre livelli per un nuovo paradigma
Le Nazioni Unite, con l’Obiettivo 17 dell’Agenda 2030, ci hanno detto forte e chiaro quanto sia necessario creare partnership e collaborazioni solide per affrontare le sfide globali. “Partnership per gli obiettivi” significa proprio questo: lavorare insieme, unire forze, competenze e risorse per un bene comune che nessuno può raggiungere da solo.
La collaborazione rappresenta il punto di partenza: lavorare insieme per un obiettivo comune, spesso in modo temporaneo e senza una struttura formale. È una fase necessaria, che permette di mettere in rete energie e idee, ma non è ancora sufficiente per generare cambiamenti profondi e duraturi.
Per fare davvero la differenza, occorre compiere un salto di qualità verso la cooperazione: un’unione strutturata e duratura, fondata su reciprocità, equità, partecipazione democratica e condivisione dei benefici. La cooperazione non è solo un metodo organizzativo, ma una cultura, una visione, un modo di essere che mette al centro la persona e la comunità. È qui che si costruisce la fiducia, si condividono rischi e opportunità, si genera valore collettivo.
Tutto questo può e deve convivere con il sano principio della competizione, che stimola l’innovazione e l’efficienza. Ma in questa prospettiva nasce la co-opetition, la frontiera più avanzata: qui anche i concorrenti scelgono di collaborare su progetti strategici per creare valore condiviso, pur mantenendo la competizione su altri fronti. Pensiamo alle alleanze tra aziende del food che, pur rivali sul mercato, uniscono le forze per innovare insieme su sostenibilità, tracciabilità e sicurezza alimentare, generando benefici per l’intero settore e per la società.
In un mondo complesso, serve passare dalla semplice collaborazione alla cooperazione strutturata, fino ad abbracciare la co-opetition come strategia di innovazione collettiva. Solo così possiamo affrontare la complessità e costruire un futuro più giusto e sostenibile per tutti.
La cooperazione richiede un approccio sistemico: l’unica via per affrontare la complessità
Oggi, la cooperazione autentica non può più essere intesa come semplice somma di sforzi individuali. Mi ispira e mi guida il modello di sviluppo ecologico integrale, che ci forza ad adottare un approccio sistemico. Solo una visione capace di cogliere le interconnessioni tra politica, economia, l’essere umano, la società, ambiente e cultura può rispondere alla complessità dei nostri tempi.
La cooperazione sistemica permette di superare le soluzioni frammentarie, abilitando processi di rigenerazione che coinvolgono territori, comunità e filiere in modo integrato. In un mondo segnato da crisi multiple e interconnesse, pensare e agire in modo sistemico è oggi essenziale per generare impatti duraturi e trasformativi.
Dieta Mediterranea: la cooperazione come chiave per lo sviluppo sistemico
Come di consueto, amo gli esempi concreti e amo partire da ciò che ci unisce tutti, ciò che ogni giorno ci nutre, ci racconta storie, ci lega alle nostre radici e ci proietta nel futuro: il cibo. È attraverso il cibo che riconosciamo la nostra appartenenza a una comunità, a una cultura, a un territorio. E tra tutti i patrimoni afferenti all’agroalimentare, la Dieta Mediterranea rappresenta, per me, una delle più grandi risorse dormienti del nostro tempo.
Facciamoci guidare dai valori, riscoprendo questa ricchezza che troppo è stata sfruttata solo come leva di marketing, puntando sugli indubbi benefici, ampiamente e scientificamente provati, in termini di nutrizione e sostenibilità. Ma la Dieta Mediterranea è molto di più: è una lente complessa e sfaccettata attraverso cui guardare al nostro patrimonio vivente, ben oltre la somma degli alimenti o la piramide nutrizionale.
La Dieta Mediterranea è, in realtà, un patrimonio culturale fatto di tempo, cura, diversità e reciprocità: una risorsa viva, che resta dormiente quando viene ridotta a slogan o mode alimentari, ma che si risveglia potentemente quando la osserviamo nella sua interezza. Qui, relazioni autentiche, pratiche agricole sostenibili, convivialità e scambio intergenerazionale diventano essenziali per la salute collettiva e per l’equilibrio dell’ecosistema che ci accoglie.
La Dieta Mediterranea è uno stile di vita fondato sulla cooperazione tra persone, territori, saperi e culture. È un patrimonio di relazioni, pratiche agricole rigenerative, educazione alimentare e cura della salute collettiva. Valorizzarla davvero significa riconoscerne la complessità e la sua dimensione sistemica: non possiamo vivere sani in un mondo malato. Solo attraverso la cooperazione tra produttori, cittadini, istituzioni, ricercatori e comunità locali possiamo rigenerare i territori, tutelare la biodiversità, promuovere la salute e restituire senso e valore a un modello che può davvero guidare la transizione verso sistemi alimentari sostenibili e giusti per tutti.
Ed è proprio in questo anno così simbolico che Legacoop ha scelto di dedicare una tappa della Biennale della Cooperazione a un tema che sento profondamente mio: “Dieta Mediterranea e Cooperazione: un modello di sviluppo”.
Questa tappa campana del percorso “Verso la Biennale dell’Economia Cooperativa 2026” si terrà il 15 luglio a Napoli, nella suggestiva cornice del polo universitario di Portici, presso il Dipartimento di Agraria della Reggia di Portici.
La giornata, promossa da Legacoop Campania, Legacoop Agroalimentare e Cooperare in Libera Terra, insieme a Coop, ANCD, Legacoop Produzione e Servizi, Legacoop Sociali, in partnership con Future Food Institute, Centro Studi Dieta Mediterranea Angelo Vassallo e Comune di Pollica, pone al centro il valore della Dieta Mediterranea come strumento di cooperazione, sviluppo territoriale e rigenerazione sociale.
Durante la mattinata sarà presentato il Manifesto Cooperativo della Dieta Mediterranea, frutto del confronto tra rappresentanti del mondo istituzionale, accademico e produttivo, tra cui FAO, Ministero dell’Agricoltura, Università degli Studi di Napoli Federico II e alcune tra le più importanti realtà cooperative italiane.
Il pomeriggio sarà invece dedicato a una tavola rotonda sull’agricoltura sociale come bene comune, affrontando temi cruciali come la legalità, l’inclusione e il ruolo delle cooperative nella tutela del territorio e nella promozione di una crescita equa e sostenibile.
Legacoop, la prima organizzazione cooperativa italiana, ci dà appuntamento alla Reggia di Portici presso il Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, il prossimo 15 luglio, per un momento di confronto che mette al centro la Dieta Mediterranea non solo come patrimonio alimentare, ma come modello di sviluppo, capace di generare valore per le persone, i territori e l’intero Paese, rafforzando il legame tra teoria e pratica, tra valori e azioni concrete, e sottolinea come la cooperazione, attraverso eventi come questo, sia davvero il motore di una rigenerazione possibile e condivisa.
Valori cooperativi: la bussola per una Life Economy
Alla base della cooperazione ci sono valori universali e senza tempo: democrazia, equità, solidarietà, partecipazione, responsabilità condivisa. Sono i valori che hanno permesso alle cooperative di resistere alle crisi e di essere motore di innovazione sociale e ambientale.
Oggi, questi valori devono tornare al centro della nostra visione di futuro: sono la bussola per costruire una Life Economy, un’economia della vita che mette al centro la salute delle persone, delle comunità e del pianeta.
La rigenerazione, intesa come capacità di restituire più di quanto si prende, è possibile solo attraverso la reciprocità e la cooperazione sistemica. Dobbiamo riappropriarci di questi valori e farli nostri come elemento guida per creare un mondo più giusto, prospero e longevo. La cooperazione non è solo un modello economico, ma una strategia di prosperità condivisa e un atto di responsabilità verso le generazioni future.
In questo tempo di incertezza, la cooperazione è la nostra più grande certezza. Scegliamola, coltiviamola, rigeneriamola.