In questi giorni sono tornata a Shanghai, città che frequentavo assiduamente quando il Future Food Institute aveva il suo presidio qui, al Center for Excellences di UNIDO, prima della pandemia. Cammino, osservo i nuovi turisti (pochissimi europei), lavoro, ascolto, incontro, studio e rifletto sulle evoluzioni in atto. Il mercato di Tian Zi Fang è deserto e i wet market hanno cambiato faccia; ma la città è di nuovo vibrante come allora, e continua a rimanere per me la mecca dei paradossi e fonte di stimoli e suggestioni.
Rigenerazione Urbana e Connessione
La rigenerazione urbana procede a ritmi serrati, e lo dimostrano i personaggi illuminati incontrati in questi giorni, che, decidendo di cambiare vita, mi raccontano della loro “Pollica” nel cuore della Cina, dove la localizzazione e il ritorno a una profonda connessione con la terra influenzano scelte di vita e pianificazione territoriale strategiche.
I social e WhatsApp funzionano senza VPN, ma ormai la vita “cashless” sa già tutto di noi, perché tutto passa da lì; perché non puoi vivere senza Alipay e, se fai il bravo cittadino, il sistema ti premia.
Il Verde Si Fa Strada: Orgoglio e Preoccupazioni
Parli con i più giovani e capisci quanto siano orgogliosi della svolta green della città: sempre più perfetta, maestosa e vivibile allo stesso tempo, pulita, sicurissima, verde e silenziosa. Incredibilmente silenziosa perché ormai girano solo auto elettriche e, nonostante la perenne foschia, l’aria è più pulita che a Milano. Continuo ad ascoltarli per comprendere come stanno cambiando le loro abitudini e quali sono le loro paure, per capire con chi dovranno confrontarsi i nostri figli. E per la prima volta da quando frequento la Cina, sento i ragazzi parlare della paura della guerra. Ci uniscono le stesse paure e la voglia di un pianeta più sano. Sembra strano, viaggiamo alla stessa lunghezza d’onda.
Rivoluzione Culturale: Il Caffè Come Simbolo di Cambiamento
Poi continua la mia esplorazione, osservo i grandi mall che continuano ad avere una presenza invadente dell’effimero dove le grandi cattedrali dei famosi fashion brand sono ormai negozi vuoti, perché le vendite avvengono solo online, trasformati in momenti di puro entertainment. Non smettono di crescere i nuovi format di ristorazione. Cibo, ovunque cibo; persino nei negozi di moda ormai non manca l’angolo caffetteria. Poi cerchi i tuoi posti del cuore, quelli che sperimentavano—tra nuove ricette e medicina tradizionale, fermentazione e innovazione molto “plant forward”—e ti rendi conto che non ci sono più. Oltre ai drink esotici e colorati, le boulangerie francesi, le hamburgerie blasonate (da 5 Guys a Shake Shack), è tornata ad essere onnipresente la cucina tradizionale, dove c’è sempre meno riso e dove inspiegabilmente c’è sempre più carne, carne in ogni forma. Meno format di fast food e più caffetterie, un cambiamento che impatta anche sullo stile di vita. Parliamo tanto di “unicorns” e dei “seeds of disruption”: ecco, verrà fuori che la grande rivoluzione è tutta in un caffè. La nostra “tazzulella ‘e cafè”, un rituale, relazione, pausa, identità, per qualcuno una dipendenza per altri, pensando a Luciano De Crescenzo, un momento poetico, ambisce a diventare patrimonio dell’Unesco; ma qui a Shanghai (anche con qualche grande brand come Lavazza che tiene alta la presenza del Made in Italy), arriva in versione accelerata. Il caffè, un tempo vista come una novità in una nazione devota al tè, si è radicato profondamente nel tessuto sociale. Camminando per le strade, si nota un’incredibile varietà di caffetterie. Ci sono le catene internazionali (come Starbucks e Peet’s Coffee, che hanno ormai superato migliaia di sedi), le grandi catene asiatiche che emulano i cugini occidentali come Luckin Coffee, le boutique gourmet—caffetterie che esplorano nuove frontiere del gusto e del servizio. Il fatto che il caffè sia ora celebrato—nei grandi mall, certo, ma anche nelle periferie o nei piccoli angoli di moda urbana—dimostra quanto profondamente questa bevanda sia penetrata nella vita quotidiana. Il caffè è lifestyle ma anche come la stupenda Shanghai Starbucks Reserve Roastery insegna è diventato puro entertainment. Un mercato enorme che in Cina è valutato circa 2.1 miliardi di dollari nel 2024 e che si prevede crescerà fino a 2.3 miliardi entro il 2029, con un tasso di crescita annuale del 1.90%.
È uno scenario molto affascinante ma anche preoccupante. Sembra aumentare la consapevolezza, ma è molto miope; perché aumentano anche i controsensi e le sfide.
Ne va del nostro futuro.
In un caffè a Shanghai si riflettono i paradossi di un futuro globale in bilico: tra la spinta verso la sostenibilità e l’incessante crescita economica. Ogni tazza racconta la storia di una società che cerca di armonizzare il progresso, tra la sfida perenne tra Oriente e Occidente e il “dovere” comune di proteggere il pianeta. Stiamo cambiando, loro lo stanno facendo (che gli piaccia o no) più velocemente di noi. Ora bisogna andare a fondo, perché il cambiamento sia davvero radicale. Perché i KPI della conversione “green” non si limitino a contare il numero di aiuole verdi e le vertical farm installate, ma misurino anche la quantità e la qualità dei suoli rigenerati, la riduzione degli sprechi, la salute e la felicità dei cittadini e le abitudini alimentari che devono diventare più sane e consapevoli (su cui c’è ancora tanto, tanto, tanto da lavorare).
Ora mi chiedo, siamo pronti ad accelerare il passo verso il cambiamento radicale oggi necessario? Il fattore tempo è essenziale. Non è solo una questione ecologica. È una questione di competitività e di sicurezza globale. Ne va del nostro futuro.