Una volta si costruivano ponti, per collegare luoghi e persone, per aprire nuove frontiere, scoprire nuove culture. Un processo che non è mai stato a costo zero, che spesso è stato inteso non tanto come connessione, piuttosto come dominazione. Oggi la connessione oltre che fisica, è anche virtuale e i ponti costruiti ogni giorno sono infiniti. Ponti che potremmo anche definire con termini più moderni, connessioni, link, che hanno sempre insito il concetto di unire. Le comunità di oggi sono molto diverse rispetto a quelle del passato e i processi di cambiamento in atto non sono leggibili con un’unica lente, è necessaria una visione globale, fluida, non meramente economica, ma sociale, politica, culturale, che allarghi il più possibile invece di restringere. In questo senso, in linea con quanto emerso dal Festival Rena, possiamo parlare di cambiamento come processo collettivo, che richiede una buona dose di dinamicità, sia che decidiamo di viverlo da protagonisti, sia che invece preferiamo rimanere in disparte, sapendo che questa soluzione, dettata per chi dal timore, per chi dalla diffidenza, rimarrà provvisoria e destinata a cambiare nel giro di breve. Opporsi al cambiamento non è mai un bene, studiarlo, interpretarlo e per quanto possibile cercare di capirlo è uno degli strumenti che abbiamo per costruire il nostro futuro con mente aperta e trasparenza, per dare sostanza alle cose, ottenere risultati e guadagnarsi la fiducia di altri che potranno diventare nostri alleati in questo processo. I confini tracciati non sono più così netti come in passato, anche quelli classici che in economia definivano ad esempio il profit e il no profit, in una continua ridefinizione del concetto stesso di valore.
Ancora una volta Palazzo Re Enzo, la città di Bologna, cornice perfetta ed incubatore di nuovi modelli che, oggi come ieri, manifesteranno ispirazioni, visione e impatti senza confini geografici o temporali.
Dalla scorsa edizione del Festival delle Comunitá del Cambiamento abbiamo appreso di “avere un genoma identitario definito, di essere comunitá e non individui, che generano impatto e non fanno mera testimonianza, che hanno un approccio risolutore e non burocratico”. Cosí ha aperto la manifestazione Francesco Russo sottolineando l’intento dell’iniziativa: “siamo qui per ispirarci a vicenda e continuare a creare connessioni.”
Protagonisti dell’evento, “Ibridi, flessibili, pionieri del cambiamento” – così li ha definiti Michele D’Alena – , ma anche esponenti del mondo politico, del mondo della cooperazione, giornalisti, esperti di formazione d’avanguardia, makers e innovatori che hanno fatto emergere una generica volontà di guardare al futuro con ottimismo e speranza, senza sfociare nell’illusione. Jacopo Tondelli chiude simbolicamente la prima mattinata di lavori rimarcando il potere costruttivo/distruttivo del cambiamento ricordando che i militanti del cambiamento, domani, potranno essere le vittime dei nuovi innovatori: “Innoviamo sempre, ma restiamo umani!”
Altri ospiti hanno arricchito il calendario della manifestazione allargando il confronto al piano della ricerca, della formazione, delle politiche sociali, e sul tema della nuova manifattura, Francesco Bombardi, creatore dell’Officucina del Food Innovation Program di Reggio Emilia, ha lanciato un appello ai suoi interlocutori: “Il segreto per fare ricerca che porti al cambiamento? Non trovarla prevedibile“.
Io ho personalmente ho partecipato al panel “Frontiere dell’agricoltura tra innovazione, branding e policy” condotto da Alex Giordano di Rural Hub. Da questo mix di sapori, culture, opinioni e nuove idee, sul tema dell’ibridazione, è emerso il desiderio comune di tracciare tutti i progetti di valore che silenziosamente in tutto il Paese, dalle grandi città alle campagne più remote, stanno animando comunità e diffondendo imprenditorialità e innovazione. A chiudere idealmente la giornata ci ha pensato Giampaolo Coletti su Twitter: “Tante idee di un futuro spesso già presente e con un punto fermo: fare davvero comunità”.
La Domenica di Rena si é aperta invece con il tema del volontariato e l’intervento di Francesco Gualtieri dell’ONU che ha spiegato come “Una società del cambiamento assegna un posto chiaro al volontariato che non sia solo un riconoscimento legale. Volontariato oggi significa anche multidimensionalità in termini di attori, contributi, ruoli e responsabilità“. La crisi economica ha creato una grave situazione di instabilitá ma ha anche accelerato i processi creativi. La comunitá non é fatta solo dalle persone e dalle loro azioni ma anche dai luoghi. Di grande importanza é stato pertanto il panel del pomeriggio “Processi di rigenerazione urbana”. Saveria Teston di AUDIS ha spiegato che la rigenerazione urbana parte da “perdita delle economie tradizionali, problemi complessi e nuove domande e stili di vita“. Bisogna investire sul capitale umano e “imparare a parlare il linguaggio di tutti i soggetti coinvolti in questo progetto“. A chiudere la giornata il workshop, a me molto caro, che ha visto coinvolti Marco Gay, Presidente di Confindustria Giovani, Maria Letizia Gardoni, Presidente di Coldiretti Giovani e Stefania Milo, Presidente di CNA Giovani. Accelerazioni di comunità: un workshop sulla rappresentanza dei nuovi ibridi, nuove professioni e nuove imprese. Gli ibridi sentono la necessità di essere rappresentati? Se si, si sentono rappresentati dalle organizzazioni esistenti? Le associazioni di categoria, sono comunità, magari con strutture un pò “antiche” rispetto alla velocità, alle dinamiche “open” ed alla condivisione multicanale del mondo odierno, ma possono fare tanto in questa direzione, ponendosi come punto di riferimento e dialogo tra le avanguardie e chi è ancorato a vecchi modelli.
In ultimo, pensando al futuro, lo spazio Start ha ospitato numerose attività proprio rivolte agli innovatori di domani. Un laboratorio di robotica creativa, è stato organizzato dalla Scuola delle Idee della Fondazione Marino Golinelli; Francesco D’Onghia con PACO Collaborative Design ha facilitato una “Design Jam 4 Kids” dove i giovani innovatori hanno reinterpretato il tema del volo prototipando mezzi incredibili per raggiungere le stelle. A concludere questa due giorni, Carmelo Presicce e tutti i mentor di Coderdojo Bologna si sono divertiti ad inventare e costruire video games e animazioni interattive con personaggi volanti. “Non importa che siano astronavi, draghi, tappeti o ippopotami, ognuno ha avuto la possibilità di liberare le ali della fantasia e.. spiccare il volo!”
Fantasia e concretezza, Innovazione, cambiamento, responsabilità, contaminazione, evoluzione, rigenerazione, cultura, territori, visione, pensieri fluidi ed occasioni di crescita collettiva che nutrono le menti curiose e brillanti, di coloro che si adoperano per generare impatti positivi sulla comunità.