Dal 2009, l’8 di giugno il mondo celebra la giornata mondiale degli oceani, una giornata per ricordare e ricordarsi che l’uomo non è in grado di sopravvivere su questo pianeta senza dei mari in salute. Perchè gli oceani sono incredibili fonti di vita e sostentamento per il mondo intero, come ricorda il tema di quest’anno, non solo garantendo la sopravvivenza fisica ed economica di piccole comunità costiere e isolane, circa il 50% della popolazione mondiale secondo i dati delle Nazioni Unite, ma anche perché producono la metà dell’ossigeno globale, assicurano cibo, offrono risorse preziose da cui estraiamo medicinali, ospitano l’80% della vita su questa Terra. Preziosi benefici per tutti.
Mondi da scoprire, quelli che si celano sott’acqua, con previsioni di oltre il 90% delle specie marine ancora sconosciute e non studiate, eppure già così brutalmente sovrasfruttate.
Solo negli ultimi 30 anni, i livelli di acidificazione media degli oceani sono aumentati quasi del 30% rispetto all’epoca preindustriale, con rischi di raggiungere un +100-150% entro la fine del secolo, come rivelano le Nazioni Unite.
Più della metà degli oceani sono attualmente sfruttati dalla pesca industriale, un mercato di pochi e per pochi. Solo un centinaio di aziende detengono infatti la maggior parte della ricchezza generata dall’economia del mare, rivelava il Business Insider ad inizio di quest’anno. Un mercato, quello scandito dalle logiche del “solo profitto” e ”ancora più profitto”, che si regge su metodi di pesca illegali, non dichiarati e non regolamentati e si sporca, intrecciandosi spesso con organizzazioni criminali transfrontaliere ed il traffico di esseri umani.
Attività che ostacolano lo sviluppo verso una Blue Economy realmente sostenibile, che separano gli individui dai loro diritti fondamentali, come il diritto alla vita, all’accesso al cibo, a lavorare dignitosamente, e che impoveriscono la ricchezza degli ecosistemi. Sono infatti pratiche altamente distruttive, come la pesca con la dinamite o la pesca a strascico quelle che ancora sottostanno a modelli di business incentrati sulla quantità piuttosto che sulla qualità, con reti immense che catturano indistintamente pesci grandi e piccoli, prede non intenzionali come tartarughe, delfini, uccelli, radendo al suolo la ricchezza della biodiversità marina sui fondali.
“Siamo sul punto di continuare questo atteggiamento estrattivo di prendere, prendere, prendere dalla natura e realizzare che la cosa più importante che prendiamo dalla natura è la nostra esistenza” – Sylvia Earle, Presidente di Mission Blue Bill Joao
ITALIA: TRA SFIDE ED ORGOGLI
Circondata su tre lati dal mare e situata nel cuore del Mediterraneo, per una penisola come l’Italia riuscire a preservare i mari non è solo una questione economica, ma una vera e propria occasione per rilanciare il nostro Paese verso una transizione ecologica reale.
L’economia del mare per il Bel Paese infatti genera un valore di oltre 43 miliardi di euro, coinvolgendo quasi 200.000 imprese nazionali e 900.000 persone, anche se con previsioni di notevoli aumenti nel prossimo decennio. Cifre a cui dobbiamo aggiungere il beneficio economico, oltre che ambientale, paesaggistico e sociale di una maggiore protezione marina. Dati rivelano infatti che alla istituzione di ogni area marina protetta seguano servizi ecosistemici dal valore di più di un milione di euro. Si tratta di una chiara dimostrazione di come gestire gli oceani in modo olistico, ripristinando gli ecosistemi costieri e marini come individuato dal High Level Panel for a Sustainable Ocean Economy, sia nell’interesse di tutti: più biodiversità marina, più varietà di pescato, più turismo subacqueo, più resilienza al cambiamento climatico, più sovranità alimentare per le piccole comunità costiere.
Eppure, il nostro Paese potrebbe fare molto meglio per preservare il ricco potenziale che si trova vicino alle sue coste. Secondo il Global Commons Stewardship Index elaborato da diversi centri di ricerca per misurare lo sviluppo sostenibile dei vari paesi considerando i beni comuni, l’Italia si aggiudica la maglia nera proprio sulla tutela marina, insieme a Israele, Belgio, Slovenia e Polonia.
Mai come oggi abbiamo bisogno di politiche mirate ad un benessere collettivo a lungo termine, preservando la biodiversità marina e umana, tutelando il sapere, le tecniche e le tradizioni tramandate da piccoli comunità di pescatori italiani che sanno vivere in armonia con il mare.
Un tesoro prezioso che non possiamo permetterci di far scomparire, come la pesca superficiale tramite la lenza, oppure la pesca artigianale sotto il mare con le nasse che contraddistinguono Marettimo, isola nel mezzo delle Egadi, Area Marina Protetta effettivamente operativa dal 2010. Oppure, l’antica tecnica tramandata dalle piccole comunità di pescatori del Mediterraneo che identifica piccole realtà ancora esistenti, come “alici di menaica”. Qui il pesce viene pescato avvalendosi di reti che intrappolano solo i pesci grandi, lasciando andare quelli più piccoli, liberi di riprodursi e assicurare un pieno bilanciamento tra pescato e lasciato. Luoghi che sono la rappresentazione vivente della resilienza, della rigenerazione umana attraverso la rigenerazione ambientale, seppur troppo spesso colpite dal cambiamento climatico e dallo spopolamento.
Non possiamo preservare la biodiversità senza proteggere le persone che ne sono loro custodi. In un approccio che abbracci simultaneamente la salute dell’individuo, della comunità, dell’ecosistema naturale, delle tradizioni culturali allora è possibile arrivare ad una prosperità diffusa, per tutti e di tutti, un’ecologia integrale.
Per farlo educazione e politica devono muovere verso un obiettivo comune, quello incluso all’interno dell’Agenda 2030. Non a caso entrambi questi luoghi saranno la destinazione di due Boot Camp distinti, il primo, Marettimo tra il 13 e 18 luglio sull’importanza di raggiungere Climate Smart Oceans, il secondo, Pollica tra il 6 e il 12 settembre dedicato alla mediterraneità e allo stile di vita sostenibile. Due settimane di formazione e apprendimento sul campo, di sperimentazione, contaminazione, co-creazione insieme a locali, esperti, innovatori, imprenditori, startupper che coinvolgerà partecipanti da tutto il mondo. Due tappe separate da un importante appuntamento politico, la riunione ministeriale del G20 “Ambiente-Clima-Energia” che si terrà a Napoli il 22 e 23 luglio 2021.
Il Bacino del Mediterraneo può svolgere un ruolo centrale nel raggiungimento di un’economia blu sostenibile, nel tradurre in pratica gli obiettivi inclusi nel New Green Deal europeo, nella ripresa e ripartenza del paese.
Obiettivi che potranno essere raggiunti solo attraverso forme di leadership che mettano in campo saggezza e competenza, che sappiano riconoscere la complessità ed interconnessione delle sfide che ci troviamo a dover risolvere, che sappiano perseguire un approccio integrale: one health, one ocean.