Perché e come dobbiamo cambiare, ora, i nostri modelli di sviluppo
Oggi scrivo ora dal cuore della California, dove due volte all’anno partecipo con grande orgoglio al Google Food Lab, raduno globale di esperti tra scienza, impresa e terzo settore nel food, che chiamati a raccolta nella Mecca dell’innovazione, fanno il punto sullo stato dell’arte dell’impatto che stanno generando, condividendo ispirazioni, bisogni e ambizioni.
Oggi per la prima volta sono salita su quel palco non per raccontare i nuovi progetti del Future Food Institute, stanca della saturazione di autocelebrazioni che la rivoluzione digitale – coi i social- ha portato con sé, come detriti o sottoprodotti di una mole straordinaria di opportunità e connessioni.
Oggi sono salita sul palco portando con me il concetto di “Humana Communitas” che Papa Francesco ha descritto nella sua lettera alla Pontificia Accademia per la Vita, in occasione dei 25 anni dalla sua fondazione da parte di San Giovanni Paolo II, dietro suggerimento del grande scienziato Jérôme Lejeune.
Perché?
Perché ieri Greta Thumberg è andata dal Papa. L’Italia è pronta ad ospitarla ed ascoltarla in Senato. Fridays for Future si prepara ad accoglierla in piazza a Roma. Ed è a lei che ho dedicato la mia riflessione al Google Food Lab.
Greta è diventata un’icona mondiale di attivismo ambientale ed è diventata un deflagrante promemoria dell’urgenza di occuparci della crisi climatica e della scienza del clima, che urlava già da anni i dati attuali e previsionali relativi all’emergenza. E’ un’icona che porta con sé anche dei detriti. Come la rivoluzione digitale. Sono quelli del personaggio pubblico, della percezione – credo suo malgrado -, che il tema sia diventato “la piccola Greta” e non la crisi climatica di cui parla affannosamente. Le sue lacrime al Parlamento Europeo sono il cedimento di un Pianeta che noi adulti abbiamo messo sulle spalle di una ragazza di 16 anni. Quelle lacrime sono state per me, i detriti di una rivoluzione fatta a colpi di selfie, che distraggono dalla sostanza silenziosa del doveroso risparmio energetico di roboanti momenti autocelebrativi, imponendo invece solo azione.
Noi contemporanei come interpretiamo questo cambiamento necessario? Noi accanto ai leader mondiali chiamati a raccolta da Google, provenienti da tutto il mondo, quale contributo possiamo profondamente fornire all’analisi antropologica, etica, spirituale che stiamo vivendo, e che sottende, contamina ed è contaminata da quella sociale, culturale, ambientale ed economica?
Per questo ho pensato al concetto di Humana Communitas che ha rappresentato la base sulla quale ho costruito il mio intervento in California.
<<L’iniziazione famigliare alla fraternità tra le creature umane può essere considerata come un vero e proprio tesoro nascosto, in vista del riassetto comunitario delle politiche sociali e dei diritti umani, di cui oggi si sente forte necessità>>. Così parla il Papa in quella lettera.
A questo proposito Claudia Laricchia, la nostra Direttrice delle Relazioni Istituzionali e attivista ambientale a livello internazionale, ha scritto, parafrasando Roosvelt, che “la libertà significa la supremazia dei diritti umani ovunque, e non la supremazia degli umani sulla natura”, sottintendendo per altro che esiste un legame tra diritti umani e ambiente, spezzato il quale ci condanniamo ad una schiavitù sociale che è un’ulteriore conseguenza dell’attuale crisi climatica. Al momento il diritto umano all’ambiente sano non è completamente riconosciuto a livello internazionale. La battaglia della nostra Claudia per l’ambiente passa anche da questo. L’impatto della food innovation sul cambiamento climatico, che sta determinando anche l’incremento esponenziale dei rifugiati e migranti climatici, che da 22 milioni diventeranno 147 milioni di persone entro il 2050. I loro diritti sono a rischio. Ed è anche dall’iniziazione alla connessione profonda tra creature umane che possiamo ripristinare politiche sociali e diritti umani. Claudia è i miei occhi oggi su questa contemporaneità, avendo incontrato il Papa in occasione della visita di Greta ed essendo in Senato per il suo tanto atteso arrivo nel Governo Italiano. Per altro la stessa Italia che – come si legge sul Giornale delle Nazioni Unite – ha chiesto alla Commissione EAT Lancet a Ginevra di non eliminare la libertà di scelta dei consumatori, in relazione a quanto riportato nel report “Diete sane da sistemi alimentari sostenibili”, allargando di fatto le maglie dei prodotti che potrebbero influenzare negativamente la salute dell’uomo e dell’ambiente.
Per questo, sul palco del Google Food Lab mi sono chiesta e ho chiesto ai leader presenti: “siamo davvero autentici? Possiamo immaginare nuovi indicatori di misurazione della crescita e del progresso, che non siano solo quelli economici? Siamo pronti davvero e autenticamente a guidare la Gen-Z, la Generazione Z, di questi ragazzi, rappresentati idealmente da Greta e che stanno protestando nelle piazze di oltre 100 Paesi in oltre 1 milione e 600 mila giovani? Siamo certi di usare oggi la tecnologia nel modo giusto per trasformare la nostra Humana Communitas per il bene delle future generazioni e del Pianeta? Stiamo trasformando anche questa rabbia e protesta, in proposte davvero alternative agli scenari catastrofici che la mano dell’uomo ha determinato?”.
Io sono stanca di assistere, al mio osservatorio privilegiato internazionale, a gente che si incontra per darsi ragione. Ad analisi fatte nei tubi di Newton degli uffici o dietro la scrivania. Abbiamo portato 15 innovatori per 60 giorni in 12 città di 10 diversi Paesi per connettere, accelerare impatti, per generare un cambiamento che parta dalla sperimentazione e dal cambiamento di sé in primis. L’ho fatto perché scienza e tecnica, devono restare al servizio dell’essere umano e dei suoi diritti fondamentali, contribuendo al bene integrale dell’uomo. L’ho fatto per interpretare al meglio il ritmo crescente dell’innovazione tecnoscientifica che – citando ancora il Papa – “moltiplica le interazioni. È urgente, perciò, intensificare lo studio e il confronto sugli effetti di tale evoluzione della società in senso tecnologico per articolare una sintesi antropologica che sia all’altezza di questa sfida epocale”.
E la sfida epocale è quella ambientale.
Ed è accaduto che proprio nel momento della storia del mondo in cui le risorse economiche e tecnologiche disponibili ci consentirebbero di prenderci sufficientemente cura della casa comune, è dalle risorse economiche e tecnologiche che vengono le nostre divisioni più aggressive.
Se non pensiamo noi a cambiare i modelli di riferimento per il bene integrale dell’uomo, allora chi ci penserà? E se non ora, quando?
La mia missione è di trasformare i modelli di sviluppo in modo che lo scopo olistico di un bene integrale guidi i nostri comportamenti, ascoltando e “votando” per la Gen Z, come dice Greta al Parlamento Europeo. Inserire indicatori di sostenibilità totale all’interno delle nostre organizzazioni, per misurare, comparare, incentivare comportamenti virtuosi, scardinando la logica meramente economica finanziaria che ci ha portato alla sfida epocale che stiamo affrontando oggi. Tali modelli dovranno essere basati su 6 concetti chiave:
- People, tornando al concetto di Humana Communitas iperconnessa per il bene integrale dell’uomo
- Purpose, capace di generare prosperità attraverso uno scopo che tenga conto di molteplici indicatori di benessere
- Planet, che sia al centro dei modelli, per valutare anche i deficit ecologici e la spending review ecologica, come scrive Luca Mercalli nel suo “Non c’è più tempo”
- Trust, come strumento di intelligence e analisi dei big data che oggettivizzino la trasparenza dei processi.
- Authenticity, che permetta di veicolare i propri messaggi attraverso esempi di vita e di vite, capaci di ispirare comportamenti virtuosi.
- Education, perché l’arma più potente per cambiare il mondo è ancora la formazione, la consapevolezza, lo studio.
Chiara Cecchini, la nostra Direttrice FF USA incarna per me questi valori. Individuata da Food Tank come una delle leader più influenti sul tema della food innovation, Chiara è ricercatrice alla UC Davis, è autrice del World Economic Forum, è parte del Barilla Center for Food and Nutrition ed è una degli Alumni più prestigiosi del nostro Master Universitario, Food Innovation Program. Abbiamo investito su Chiara ormai 4 anni fa e il ritorno di questo investimento è certamente molto più d’impatto, avendo lei moltiplicato scienza, conoscenza, sperimentazione nel suo straordinario percorso.
Oggi Future Food Institute lavora con FAO, Nazioni Unite, Governi internazionali, Agenzie, Fondazioni, Network, Accademie, Università, Centri di Ricerca e grandi aziende. Eppure ho la sensazione che non basti. Che non ci sia più tempo per moltiplicare e accelerare un impatto generato, misurato e comparato con indicatori obsoleti. Cambiamo i nostri modelli di sviluppo adesso. Formiamo più Claudia e più Chiara e più Gen Z che possano passare dalla protesta e dalla rabbia, alla proposta e al lavoro consistente, guidiamo con più senso di responsabilità la comunità umana che abbiamo il dovere di nutrire di valori sani ed eterni. Avendo il coraggio di cambiare noi stessi e non il clima.